Nuova tragedia a largo della Libia. Un barcone di migranti salpato venerdì scorso da Sabrata, a ovest di Tripoli, è con circa 130 persone a bordo. I dispersi sarebbero una 90ina e si teme che possano essere tutti annegati.
I resti dell’imbarcazione sono stati trovati a circa 20 km a ovest di Zuara assieme a quattro cadaveri, due dei quali di donne. Di sette naufraghi salvati, uno è poi morto in ospedale. Dopo che nelle ultime ore sono stati salvati altri 30 migranti.
Qualsiasi sia il bilancio definitivo, quella mediterranea centrale si conferma dunque la rotta più micidiale al mondo per i migranti, come sottolinea l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Iom) spiegando il fenomeno con la lunghezza della traversata e le pratiche del traffico di essere umani sempre più pericolose. Dall’inizio dell’anno, secondo dati Iom aggiornati a domenica, su questa rotta sono morte 2.373 persone: il bilancio da inizio 2014 all’agosto scorso è di circa 15 mila fra annegati e dispersi con il record dal 2000 raggiunto nell’annus horribilis 2016(almeno 5.143 morti). Quello che si profila a Zuara è il peggior naufragio degli ultimi mesi, probabilmente da maggio. E comunque da quando il flusso di migranti verso l’Italia è crollato passando dal picco 2017 di giugno (più di 23 mila sbarchi) ai meno di 4.000 di agosto.
Un fenomeno spiegabile con l’efficacia della strategia italiana articolata sia nel sostegno alla Guardia costiera libica sia nella creazione di fonti alternative di reddito che disincentivino il traffico di migranti sopratutto in quei comuni più colpiti dal fenomeno dell’immigrazione illegale. Proprio a luglio ad esempio il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha stipulato una sorta di “patto” con un gruppo di sindaci libici chiedendo loro di smettere di tollerare il traffico di esseri umani in cambio di un sostegno a progetti di sviluppo economico.
Proprio a Sabrata, da sabato sera e con una tregua durata solo mercoledì, si stanno affrontando due milizie locali lasciando sul terreno finora almeno cinque morti: una è quella del clan Dabbashi, accusato di essere pesantemente coinvolto nel traffico di migranti.