E' un risultato ogni oltre aspettativa quello del Bjp in India, che rafforza la leadership di Narendra Modi. Nonostante le proiezioni e gli exit poll -che prevedevano un suo ridimensionamento – la compagine del premier ha ottenuto una maggioranza schiacciante. Sull'onda delle tensioni col Pakistan sulla regione contesa del Kashmir e dei timori per la “minoranza” musulmana ha prevalso lo spirito nazionalista e induista. A pesare anche le difficoltà dell'economia, per la disoccupazione che infierisce sui più giovani e per la situazione sempre difficile degli agricoltori.
Il leader
“Mi inchino al paese di un miliardo e 300 mila persone che mi ha dato fiducia. Insieme costruiremo un'India ancora più forte e inclusiva” ha commentato, ringraziando gli elettori per la straordinaria vittoria elettorale. Abbastanza a sorpresa, la proposta di Modi ha stregato gli indiani. Che hanno votato più che per il partito, per lui, il leader forte, con la sua proposta di un'India nazionalista e induista, all'insegna di un orgoglio esasperato, con il suo sfoggio di forza, di promesse di sicurezza, contro il terrorismo e contro il nemico numero 1, il Pakistan, e per un'economia rampante dai connotati capitalisti e iperliberisti. Modi ha sedotto il paese, portando il Bjp a conquistare, da solo, oltre 300 dei 543 seggi della Lok Sabha. Un successo epocale, anche perché nella storia del Paese dall'Indipendenza, è accaduto due sole altre volte che un governo venisse riconfermato dopo il primo mandato: con Nehru, e con Manmohan Singh.
Opposizione
Scarse fortune per l'opposizione: la Mahaghtbandhan, la grande alleanza dei partiti regionali, che secondo molte previsioni avrebbe dato filo da torcere in Uttar Pradesh, lo stato chiave nel cuore del paese, si aggiudica 16 stentati seggi, a fronte dei 62 del premier. Chandrababu Naidu, storico governatore dell'Andrha Pradesh non viene rieletto, e si è già dimesso. Persino Mamata, la donna forte della politica del Bengala, esce ridimensionata dalla slavina zafferano.
Fine di un'epoca
Al Congresso il partito storico, nonostante 7 seggi conquistati rispetto al 2014, ha incassato una sconfitta bruciante: nella circoscrizione di Amethi, tradizionale roccaforte della famiglia Gandhi per 30 anni, Rahul deve cedere il seggio a Smriti Irani, ministra, candidata del partito zafferano. Gandhi, nella conferenza stampa tenuta a metà pomeriggio, ha ammesso la sconfitta, dicendo che se ne assume tutta la responsabilità, e ha detto che rispetterà la scelta degli elettori. Il figlio di Sonia Gandhi ha aggiunto che il Congresso continuerà la battaglia: “È una lotta di idee, e di valori, contro ogni estremismo, per il rispetto delle minoranze e per la giustizia sociale”. Ma per il partito della famiglia Gandhi, “la Dinastia”, come la definisce Modi, sembra davvero la fine di un'epoca. Non solo per la perdita ad Amethi, ma perché in 18 dei 29 stati del paese non ha avrà neppure un parlamentare.