Mentre si cerca una soluzione in Libia che non sia quella militare, alle porte di Tripoli si continua a combattere. I nuovi numeri sono stati riferiti dall'Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), in contatto con i medici libici, secondo i quali il conteggio delle vittime dovuti a combattimenti è salito a 300, molte delle quali donne (100) e bambini (90). Numeri agghiaccianti, come riferito dal presidente dell'associazione, Foad Aodi, il quale ha riferito le parole dei medici libici che hanno spiegato come nella giornata di ieri siano avvenuti ripetuti “attacchi aerei su Tripoli da parte dell'esercito utilizzando aerei senza pilota con numerosi danni alle abitazioni, morti e feriti sotto le macerie”. Bilancio drammatico anche sul piano degli sfollati: sempre secondo Amsi, si parla di 40 mila persone, il 50% delle quali donne e il 25% minori.
Scontri e appelli
Particolarmente tragiche le conseguenze degli attacchi avvenuti nella notte scorsa, con almeno 11 persone sono rimaste uccise e altre 30 ferite nel corso di una serie di raid aerei condotti dalle forze fedeli al generale Khalifa Haftar, eseguiti con il supporto di droni. Secondo fonti del governo di unità nazionale guidato da Fayez al-Serraj (che citano a loro volta fonti mediche di Tripoli) il conto delle vittime potrebbe aggravarsi, considerando che a essere coinvolta è stata un'area di quasi 9 chilometri a sudovest del centro della capitale. La denuncia è arrivata dal portavoce del presidente del Consiglio presidenziale libico, Muhannad Younis: “Haftar copre le sconfitte militari bombardando con aerei stranieri i civili disarmati a Tripoli”. E ancora, secondo Younis, quanto accaduto la scorsa notte “è un crimine di guerra che si somma agli altri perpetrati dall’inizio dell’aggressione”, favorito, secondo il portavoce, dal “lassismo e dal silenzio” della missione Onu in Libia. Intanto, anche dalla compagnia petrolifera Noc, una delle maggiori della regione, viene lanciato l'appello, attraverso il presidente Mustafa Sanalla, per la cessazione delle ostilità, in quanto “mettono in serio rischio le nostre attività, la produzione e l’economia nazionale”.