Da giorni, su numerosi quotidiani americani come Washington Post e New York Times, stanno circolando reportage che ritraggono la Turchia come una delle più importanti basi di reclutamento dell’Isis. Questi servizi, peraltro, sono stati pubblicati proprio in concomitanza con il rifiuto del presidente turco di prender parte, sia militarmente che attraverso la cessione delle proprie basi militari, alle iniziative contro gli jihadisti.
Erdogan, proprio oggi durante un incontro pubblico a Istanbul, ha duramente attaccato tutti i quotidiani in questione, con particolare riferimento al New York Times, che ha divulgato ieri una foto del presidente fuori dalla moschea di Haci Bayram ad Ankara, con tanto di didascalia che affermava: “In questa zona si reclutano jihadisti”.
“Lo dico molto chiaramente, e usando i termini più leggeri possibili – ha dichiarato – Questo è volgare, ignobile e sordido”, e poi, con riferimento agli autori dell’articolo per l’uso del termine “terrorismo islamico”: “Nessuno può ascrivere il terrorismo all’Islam, che è una religione di pace”.
Secondo quanto riportato da numerosi quotidiani statunitensi negli ultimi giorni, infatti, la Turchia sarebbe una delle più grandi sostenitrici dello Stato Islamico nel Medioriente e non starebbe dunque facendo abbastanza per impedire ai militanti intenzionati ad unirsi alle fila dell’Isis di entrare nel Paese. Le accuse sono state completamente respinte: “Dipingere la Turchia come un paese che sostiene o chiude un occhio sul terrorismo è ingiusto – riportano le agenzie locali – scrivono che compriamo petrolio dal Califfato e che gli diamo le armi curando i loro feriti. Ma lo ha più volte spiegato il primo ministro dell’Energia e lo ribadiamo anche noi: queste cose sono assolutamente fuori questione”.