La Corte d'appello di Versailles ha confermato l'espulsione dal Front National francese del suo fondatore storico, Jean-Marie Le Pen. I giudici ha riconosciuto la validità del provvedimento deciso nel 2015 dalla figlia Marine Le Pen, attuale leader del partito, ma ha lasciato all'89enne politico la carica di presidente onorario, in quanto questa non è riservata dallo statuto ai soli membri del partito di estrema destra.
La sentenza
Le Pen dovrà quindi essere ammesso alle riunioni direttive, pena una multa al Front National tra i 2 mila e i 5 mila euro, e ha anche ottenuto un risarcimento dei danni dal partito per 25.000 euro. Le tensioni politiche tra Marine Le Pen e il padre, contrario alla svolta meno estremista impressa dalla figlia al partito, erano deflagrate dopo che Jean-Marie Le Pen aveva definito le camere a gas naziste un “dettaglio della storia“, affermazione che gli costò anche una condanna penale.
Il congresso
Il mantenimento della carica di preseidente onorario è stato salutato con soddisfazione dal legale di Le Pen senior, che aveva definito l'intero processo un “plotone d'esecuzione” schierato contro il suo assistito. Tuttavia potrebbe trattarsi di una vittoria di Pirro visto che il prossimo congresso del Fn (in programma a Lille il 10 e 11 marzo), voterà sulla proposta di abolizione di questo incarico. Non solo: l'assise potrebbe decidere per un cambio di nomenclatura del partito, mossa che Jean Marie, in un tweet, ha detto di considerare un “tradimento” nei confronti degli elettori storici.
Lite fin famiglia
Le affermazioni antisemite di Le Pen avevano messo in serio imbarazzo la figlia, che si stava prodigando per ripulire l'immagine del partito in vista delle elezioni presidenziali del 2017, poi vinte da Emmanuel Macron. L'anziano leader si era difeso citando la libertà d'espressione. Durante la stessa campagna elettorale, fra l'altro, Jean Marie non aveva lesinato critiche nei confronti di Marine, considerata “incapace di imprimere al movimento l'impulso necessario“.