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Brexit, il dossier della “no deal-fobia”

C'è quasi un'aria da “no deal-fobia” nel Regno Unito, mai così vicino all'uscita dall'Unione europea e, soprattutto, così prossimo a effettuarla senza una solida stretta di mano con l'altro contraente che lo metta al riparo da spiacevoli sorprese. E allora, nonostante i proclami, le rassicurazioni e qualche idea diffusa di una Brexit da cui la Gran Bretagna abbia solo da guadagnarci (e mentre il governo prova in tutti i modi a stemperare gli animi, tradendo però una certa preoccupazione), ecco che il Sunday Times tira fuori alcuni documenti governativi, top secret fino a quel momento, che elencano nel dettaglio quello che potrebbe succedere in caso di no deal. Niente di eccezionale, un normale vaglio di tutte le possibilità sul tavolo visto l'approssimarsi della data d'uscita. Invece il cosiddetto Yellowhammer, il piano anti-no deal, è un dossier parecchio scottante e per un paio di buoni motivi: lo scenario descritto in caso di Brexit senza accordo è degno di un mondo post-apocalittico e, soprattutto, il documento riporta la data del 4 agosto, ovvero quando il governo Johnson era già in sella.

Le conseguenze

Delle due note dolenti, forse la seconda è più rovente della prima: l'alfiere della hard Brexit e il suo governo di ex falchi, infatti, non solo ha elencato tutte le possibili varianti (disastrose) di un'uscita senza aver definito i dettagli imprescindibili con Bruxelles ma lo ha fatto descrivendone le conseguenze, parlando di disastri sociali come il rincaro dei prezzi, il deficit di farmaci, colpo da knockout al commercio (ritardi nelle consegne per via dei confini duri, solo per dirne una), incremento dei controlli, possibili disordini in Irlanda del Nord e Gibilterra e riduzione degli investimenti in terra britannica o negli affari con Londra. In sostanza, secondo il governo fautore della Brexit senza accordo, le proprie azioni porterebbero a uno scossone dell'economia del Regno Unito, con scene da Grande Depressione americana. Senza considerare che, tra le possibilità menzionate, vi è anche il ricorso al mercato nero, vista la prevista paralisi di quello ufficiale. Ultimo (ma non ultimo), il vaticinio da brivido fatto dal governo al termine delle “sole” sei pagine del dossier, nel quale si specifica chiaramente che le trattative per scongiurare un no deal sono tutt'altro che a buon punto. Il che, di fatto, dice fra le righe che le possibilità che si concretizzi sono decisamente alte.

Le paure

Ovviamente, questo è solo lo scenario choc, il peggio del peggio, “l'estremo”, come lo ha definito il ministro della Difesa Ben Wallace. Le variabili sono ancora tante e anche le possibilità di uscire fuori dall'impasse, qualora l'Europa tornasse a concedere (difficile) qualche dilazione o il governo britannico tornasse a chiederla, magari concedendo qualcosa in tema di backstop. Il fatto che sia stato proprio il governo Johnson a stilarlo però, certamente dà da pensare. Del resto, fosse stato per l'esecutivo, il documento non sarebbe nemmeno stato desecretato, visto che a costringere i Tory a farlo è stata una mozione approvata dal Parlamento (311 voti a favore) e presentata per altro da uno dei tories ribelli, Dominic Grieve. Detto questo, a tre anni e qualcosina dal referendum del 2016, la Brexit sembra diventata più uno spettro che un'opportunità. Anche perché, stando ai dettagli dello Yellowhammer, le soluzioni in atto per tamponare la possibile emergenza potrebbero solo in parte limitare i danni. E comunque, al netto degli estremismi riportati nel dossier, i cittadini britannici dovranno comunque convivere con il timore che il modello british possa subire uno degli scossoni più importanti della sua storia recente. Con un futuro tutto da vedere.

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