Non ci sono più dubbi: il referendum in Grecia si farà. Il Consiglio di Stato greco ha respinto il ricorso presentato contro la chiamata al voto voluta da Atene. Due cittadini avevano presentato l’istanza, sostenendo che la consultazione indetta dal governo Tsipras sarebbe in contrasto con l’articolo 44 della costituzione ellenica che esclude la decisione popolare in questioni che riguardano “la situazione finanziaria dello Stato”. In caso di decisione contraria del Consiglio, il voto sarebbe potuto essere bloccato.
Intanto rimane spaccato il popolo greco: ciò che c’è di certo è che vuole rimanere in Europa. Ma a 24 ore dal voto, sono ancora indecisi se dire “si” o “no” alle proposte dei creditori sul piano di aiuti. Secondo il rilevamento della società Alco per il quotidiano “Ethnos”, i favorevoli all’accordo con l’Europa sarebbero al 44,8% mentre i contrari si attestano al 43,4%. Gli indecisi scendono all’11,8%. Appare però evidente che questo referendum sta assumendo sempre più la forma di una votazione di fiducia per Tsipras, che in questa tornata elettorale si gioca molto del proprio futuro. “Se i greci voteranno no, la posizione di Atene sarà drammaticamente indebolita, ma anche con il sì non sarà facile”, dice il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, che solo mercoledì aveva imposto il silenzio a tutti i commissari fino al voto.
Nel frattempo il numero 1 dell’associazione delle banche greche, Louka Katseli, dichiara che “le banche greche hanno una liquidità di 1 miliardo, fino a lunedì”. L’inizio della prossima settimana sarà il giorno in cui le banche riapriranno, ma dopo, “dipenderà dalle decisioni della Bce”. Tsipras chiede ancora di votare senza accettare ricatti, dato che “il report del Fmi conferma gli argomenti del governo: il debito non è sostenibile”. Chiede poi “un taglio del 30% del debito greco su vent’anni” e una moratoria di 20 anni sull’ammontare restante, in modo da assicurarne “la sostenibilità”.