Tra rivincita delle donne e periferie, i David di Donatello 2018 scorrono nel segno dei Manetti bros., Marco e Antonio, capaci di far manbassa portandosi a casa ben 5 statuette: fra queste, ovviamente, il loro Ammore e malavita fa sua anche quella di Miglior film italiano dell'anno, in una serata in cui a farla da padrone è il ruolo del gentil sesso, rimarcato con forza dal monologo d'introduzione di Paola Cortellesi e dal grido comune, provocatorio “Se l'è cercata”, molto spesso ripetuto riferendosi alle donne vittime di violenza, intonato a una voce dal palco dal sestetto composto da Jasmine Trinca, Giovanna Mezzogiorno, Isabella Ragonese, Claudia Gerini, Serena Rossi e Sonia Bergamasco, fra le firmatarie del documento “Dissenso comune”, firmato da 124 artiste e apprezzato anche dal presidente della Repubblica Mattarella che, al Quirinale, ha ringraziato per la lettera ricevuta in merito: “E' inaccettabile – ha detto il Capo di Sato – la pretesa di considerare le donne in condizione di inferiorità. Questa distorta concezione, presente in tanti ambiti della società, è insopportabile per persone libere che concepiscono la parità come premessa irrinunciabile di ogni comunità umana”. Del resto, come ha ricordato Cortellesi sul palco degli Studios De Paolis di Roma, troppe parole “se declinate al femminile, cambiano radicalmente, in un lieve ammiccamento verso la prostituzione. Cortigiana, massaggiatrice, passeggiatrice, zoccola…”.
Napoli e Roma di periferia
La cerimonia, condotta da Carlo Conti, si è poi sgrovigliata sul piano dell'arte e del buon cinema italiano che, mai come quest'anno, ha parlato sì al femminile ma anche “napoletano”: Ammore e malavita fa la parte del leone, perché i due registi romani, forti di un cast di prim'ordine, raccontano con saggezza e realismo il disincanto della Napoli di periferia, fra criminalità e voglia di riscatto. Claudia Gerini fa centro, ottenendo il riconoscimento per la Miglior attrice non protagonista ma la pellicola dei Manetti bros. se ne porta a casa altre tre (Costumi, Musicista a Pivio e Aldo De Scalzi e Miglior canzone originale). Napoli velata di Ferzan Ozpetek si ferma a 2 statuette. Quasi annunciato e, aggiungiamo, più che meritato il premio alla Miglior attrice protagonista a Jasmine Trinca, superba interprete di Fortunata (già protagonista al Festival di Cannes), diretto da Sergio Castellitto: la scena è sempre quella della periferia, il panorama è quello di Roma ma la voglia di rinascita è la stessa, come il medesimo è il desiderio di lottare per infrangere il muro del disagio sociale e guadagnarsi un posto nel mondo. Sul lato maschile, il Miglior attore protagonista è Renato Carpentieri interprete, assieme a Elio Germano, de La tenerezza di Gianni Amelio e premiato da Diane Keaton; a Giuliano Montaldo, già presidente ad interim dell'Accademia del Cinema italiano, la statuetta come Miglior attore non protagonista per Tutto quello che vuoi. La Miglior regia, invece, è dell'italoamericano Jonas Carpignano per A Ciambra che affronta il delicato tema dell'integrazione fra migranti e cittadini.
Spielberg: “L'Italia è nel cinema americano”
Ma, nella serata del cinema italiano (premiata un'emozionata Stefania Sandrelli, che ricorda Mastroianni), spazio e gloria a un ospite che, per sua ammissione, di italiano ha molto: premio alla carriera per Steven Spielberg che, sul palco degli studios romani, racconta e si racconta. “Sono cresciuto con De Sica e Fellini, andai sul set di 'Zabriskie Point' di Antonioni, nel deserto della California. Appena troverò il volto giusto di un bambino di 6 anni girerò a Roma il film su Edgardo Mortara, il piccolo ebreo che nel 1858 fu allontanato da una famiglia di Bologna per essere cresciuto da cattolico. Minnelli, Capra, Coppola, De Palma, Scorsese, Tarantino: il vostro sangue è entrato nel cinema americano”. E, da maestro qual è, Spielberg sale sul palco anche per premiare chi sulla difficile strada della regia si sta avviando, consegnando la statuetta come Miglior regista esordiente a Donato Carrisi per Ragazza nella nebbia. Una serata davvero da incorniciare per lui, così come per Susanna Nicchiarelli e il suo Nico, 1988, protagonista inatteso dei David con 4 statuette, fra le quali il premio alla Miglior sceneggiatura originale.