Non lo uccise ma si definì il suo assassino, colpevole di aver odiato sé stesso prima ancora della sua arte. Quello di Antonio Salieri è un grido sommesso ma devastante, quasi a volersi urlare dentro. Eppure la realtà storica dice che non fu lui a uccidere Amadeus, né a covare quella straziante invidia travestita da critica. Salieri è semplicemente un uomo in conflitto con sé e con Dio, al quale contesta di aver riservato doni immensi a “una creatura in apparenza turpe e lasciva“. Un dramma esistenziale quello che anima l'Amadeus di Andrej Konchalovskiy, che riporta in scena al Teatro della Pergola di Firenze, dal 10 al 15 dicembre, il capolavoro di Peter Shaffer affidando a Geppy e Lorenzo Gelijeses il ruolo dei protagonisti, ridonando nuova linfa a uno dei più affascinanti miti del Settecento. Salieri non si definisce tanto un rivale di Mozart, quanto “un moralista che possiede lo sterile talento del critico“.
Un conflitto interiore
E' un Amadeus che forse non comprende appieno il mondo che ha intorno, “prigioniero del proprio genio” e distante dal comprendere come dietro una critica si nasconda un sottile tentativo di svilirlo fino a provocarne la morte, prima su un piano intellettuale e, infine, su quello corporale. Il tutto mascherato dietro un velo di finto distacco analitico, che nasconde a sua volta un'ammirazione viscerale, troppo grande per evitare di essere contaminata dall'invidia, in una quinta teatrale che diventa, man mano, il palcoscenico stesso della vita perché “il personaggio di Mozart risulta essere frutto di uno scherzo della natura. Quello di Salieri, ieri come oggi, ha purtroppo valenza universale”. Un dramma portato al plauso internazionale anche dal film omonimo del 1984, firmato da Milos Forman e che trasmette al meglio l'essenza estetica di un conflitto interiore, con un Salieri che non trova soddisfazione nell'aver distrutto la composizione fisica del genio, consapevole al contrario di averlo reso immortale.