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Virus contro batteri resistenti, la sfida della fagoterapia

Secondo il rapporto Sanità Ocse 2019, l’Italia è seconda per numero di prescrizioni di antibiotici nelle cure primarie. Il nostro è anche tra i Paesi europei con il maggior numero di morti da batteri resistenti agli antibiotici (più di 10.000 ogni anno), con un andamento in crescita. E’ la minaccia globale dei batteri super resistenti, quelli che si fanno beffe degli antibiotici e contro i quali la battaglia della medicina è sempre più complessa. Perché ci sono le strategie per affrontarli, gli specialisti studiano le armi per debellarli, la ricerca fa sempre passi avanti, anche se l’Italia rimane in fondo alla classifica dei dati sull’antibiotico-resistenza.

Corretta informazione

“Antibiotici, meno e meglio”, è i il Manifesto messo a punto da Altroconsumo e Slow Medicine, insieme a 16 società scientifiche di medici, infermieri, farmacisti e veterinari impegnate da tempo in una campagna per ridurre l’utilizzo di esami, farmaci e trattamenti non necessari. La sottoscrizione del manifesto sarà testimonianza dell’impegno preso da ciascun medico per un uso appropriato degli antibiotici e una corretta informazione di pazienti e cittadini: il manifesto riporterà, infatti, il nome e la foto del camice bianco o dell’équipe che lo sottoscrive e potrà essere esposto in studi medici e ambulatori, reparti ospedalieri e farmacie. I medici potranno diffondere anche sui social il loro impegno, postando il manifesto con la loro foto attraverso l’hashtag #menoemeglio.

Formazione continua

“Come organizzazione di consumatori- spiega all’Adnkronos Ivo Tarantino, responsabile Relazioni esterne Altroconsumo- siamo impegnati da anni su questo tema da più punti di vista. Dai test che conduciamo sulle carni, ai consigli pratici in casa e in cucina a questo Manifesto intendiamo contribuire in maniera concreta alla risoluzione del problema. Vogliamo che, anche attraverso l’impegno dei medici, i cittadini siano sempre più informati e consapevoli sui rischi connessi all’uso eccessivo e improprio di questi farmaci”. Il progetto  è stato lanciato in Italia da Slow Medicine ed è inserito in un vasto movimento internazionale. Con 250 raccomandazioni definite dalle società scientifiche, rappresenta un’assunzione di responsabilità dei medici e degli altri professionisti nei confronti di esami, farmaci e trattamenti che non sono necessari e possono provocare danni, tra cui le prescrizioni inappropriate di antibiotici. L’obiettivo è che i medici italiani aderiscano a questa campagna che testimonia il loro impegno a utilizzare gli antibiotici con prudenza e a informare pazienti e cittadini della minaccia rappresentata dalle crescenti antimicrobico resistenze. “Molti fattori-afferma Guido Giustetto, medico di medicina generale e presidente dell’Omceo di Torino – influenzano la decisione del medico di prescrivere un antibiotico e possono far disattendere le buone pratiche, dall’incertezza diagnostica alle lacune conoscitive, dalle richieste del paziente al poco tempo da dedicare per assicurare l’aderenza alle terapie. Inoltre, molti medici non sono stati specificamente formati all’uso appropriato degli antibiotici. Per questi motivi Fnomceo sta dedicando all’uso degli antibiotici molte risorse attraverso la formazione medica continua e contemporaneamente l’informazione ai cittadini”.

Ferite sporche

E' una terapia che può essere applicata a qualunque tipo di infezione, in ambito sia umano sia veterinario, purché si conosca a priori il microorganismo responsabile della patologia che si vuole trattare. Questa è la prerogativa essenziale che distingue la fagoterapia dalle terapie antibiotiche: occorre avere l'isolato del microorganismo che causa questa infezione. La fagoterapia ha visto, nel corso dei decenni, numerose applicazioni, dalle dissenterie al colera, dalla peste bubbonica alle infezioni osteoarticolari. In particolare, riguardo alle epidemie di colera è stato recentemente dimostrato che con l'espandersi della epidemia si osserva nelle acque reflue il concomitante aumento di fagi litici specifici nei confronti del vibrione. Tale fenomeno, superata una certa soglia, precede lo spontaneo recedere della epidemia. Numerose anche quelle in ambito militare, per trattare le ferite sporche cui sono soggetti i militari. “E' una situazione complessa – spiega Mario Corbellino, del dipartimento Malattie Infettive dell’ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano – perché in Europa sono presenti dei vincoli, dettati dalle regolamentazioni nazionali ed europee, che rendono difficile ad oggi l'impiego della fagoterapia. Dovremo aspettare un periodo abbastanza lungo, perché c'è ancora molto da fare in tal senso. Quel che manca, ancora, sono degli studi clinici randomizzati che consentono in maniera chiara di dimostrare l'efficacia di questa forma di trattamento, associato o meno, alla terapia antibiotica”.

Infezioni batteriche

Potrebbero essere, in un futuro prossimo, neanche tanto lontano, le nuove e potenti armi in grado di contrastare le principali minacce umane in fatto di infezioni batteriche. I fagi, infatti, sono virus capaci di infettare i batteri sino a distruggerli. E, sottolinea LaPresse, se in passato questi sono stati utili a combattere colera e, addirittura, la peste bubbonica, recenti studi sembrano sottolinearne l'importanza applicati a malattie quali infezioni osteoarticolari e dissenterie. Se ne è parlato a Palermo durante la giornata conclusiva del XVIII Congresso Nazionale Simit, Società italiana di malattie infettive e tropicali. Durante l'appuntamento, presieduto dai professori Antonio Cascio e Luigi Guarneri, si è fatto il punto sull'attuazione sul piano nazionale di contrasto all'antibiotico-resistenza e soprattutto nel paziente a diverso titolo non immunocompetente. Oltre mille gli specialisti presenti. La batteriofago-terapia, o terapia fagica, è basata sull'utilizzo di virus (batteriofagi o fagi) specifici ed esclusivi dei batteri. I batteriofagi sono virus naturali dei batteri e risultano estremamente numerosi. Storicamente, tale terapia è stata adottata per la prima volta in Francia, in era pre-antibiotica, in seguito alla scoperta, avvenuta nel 1915, di virus in grado di infettare e distruggere le cellule batteriche; poi si è diffusa rapidamente in tutta Europa, Italia inclusa.

I fagi più attivi

Successivamente, l'utilizzo dei fagi a scopo terapeutico è stato progressivamente abbandonato nei paesi occidentali, contestualmente all'avvento dei chemio-antibiotici mentre si è sviluppato nei paesi dell'Ex-Unione Sovietica, dove questo tipo di terapia è proseguita ed attualmente utilizzata. “Per la terapia fagica – spiega il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, responsabile dell'unità operativa complessa malattie infettive di Tor Vergata- si deve isolare prima il batterio causa di infezione e quindi vengono testati i fagi di cui, in alcuni centri nel mondo, se ne possiedono in grande numero. A questo punto si allestisce una preparazione che contiene i fagi più attivi nei confronti del batterio da eliminare e la preparazione viene somministrata al paziente per via orale o parenterale”.

Terapie e confezioni

C’è, poi ,il problema della mancata corrispondenza tra le terapie e le confezioni sul quale ha da tempo puntato l’indice Pier Luigi Bartoletti, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Roma. “Ma da quando ho lanciato l’allarme – spiega alla Stampa – non è cambiato nulla. La verità è che quasi tutti gli antibiotici sono venduti in confezioni tutt’altro che ottimali. Il problema sono gli “avanzi” autogestiti. Un esempio: ci sono farmaci venduti in confezioni da cinque, ma non bastano con la terapia completa e così io, medico di famiglia, ne devo prescrivere due confezioni. Ma due sono troppe: avanzerà quasi sempre qualche pastiglia”. Non è così in Germania, o anche negli Usa: in farmacia mi consegneranno il numero esatto di pastiglie prescritte. «Da noi no – prosegue Bartoletti – e così quando c’è il nonno che tossisce, il nipote gli dice: prendi questo, è buono, a me ha fatto bene. Magari dopo tre pillole il nonno sembra star meglio, la terapia viene interrotta ma la volta dopo quel batterio ha generato resistenza all’antibiotico. E per il nonno sono guai. O per noi, che abbiamo preso quelle pastiglie senza chiedere di nuovo al medico cosa fare”.

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