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Aids, fra rischi e prevenzione

Ricerca, monitoraggio e prevenzione: tre fattori imprescindibili per un contrasto efficace alla diffusione del virus hiv e, nello specifico, della sindrome da immunodeficienza acquisita, meglio nota come Aids. Una malattia logorante che, nella maggior parte dei casi, agisce sul nostro sistema immunitario in lassi di tempo prolungati, fattore che, spesso, impedisce al soggetto che ne é affetto di esserne consapevole fino alla manifestazione dei primi sintomi. Per questo, assieme a una giusta campagna di sensibilizzazione sugli effetti della malattia, è importante conoscere i rischi esistenti e le possibilità di contrasto finora sperimentate. Fondamentale è ricordarlo nella Giornata mondiale contro l'Aids, occasione giusta per approfondire le conoscenze generali sulla patologia e comprendere appieno l'importanza dei metodi preventivi, specie per i più giovani. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Barbara Suligoi, direttrice del Centro operativo Aids (Coa) dell'Istituto superiore di sanità.

Dottoressa, qual è, attualmente, la casistica di infezioni da hiv in Italia?
“Nel nostro Paese abbiamo circa 4 mila casi ogni anno di nuove infezioni da hiv: si tratta, per la precisione, di quelle persone che non sapevano di essere infette, che ne sono venute a conoscenza e che vanno ad aggiungersi alle altre viventi in Italia con questa infezione. Stimiamo che, al momento, ci siano sul nostro territorio circa 130 mila persone affette da virus hiv. Possiamo dire che le terapie antiertrovirali che si usano, ormai da quasi vent'anni, sono state un po' la chiave di volta: questo perché migliorano, in un certo senso, la qualità della vita dei sieropositivi, prolungandone la sopravvivenza e rendendo la prognosi migliore. Indubbiamente aumentano anche le persone sieropositive viventi che possono, teoricamente e se non adottano comportamenti protetti, diffondere l'infezione”.

Parliamo di diffusioni ampie?
“Negli ultimissimi anni abbiamo visto un decremento delle diagnosi di hiv ed è una buona notizia perché riguarda qualsiasi forma di trasmissione. L'85% dei casi in Italia vengono trasmessi attraverso rapporti sessuali, parliamo di una statistica di 9 su 10. Il fatto che diminuisca anche questa modalità di trasmissione fa ben sperare per il futuro e, comunque, fa capire chiaramente che la prevenzione dev'essere fatta in questa direzione: avere una maggiore attenzione nei confronti dei contatti sessuali occasionali, che devono essere sempre protetti da sistemi precauzionali come il preservativo. E questo vale anche e soprattutto con persone di cui non conosciamo lo stato di salute. Un altro dato interessante è che circa la metà delle persone che vengono scoperte con hiv, in realtà, sono già in una fase avanzata della malattia, con il virus che ha già provocato uno stato di immunodepressione: in queste circostanze, l'efficacia dei trattamenti e delle terapie sarà inferiore rispetto a una persona infettata da poco. E' una cattiva notizia in due sensi: innanzitutto perché queste persone non potranno beneficiare massimamente dell'effetto antivirale delle terapie (che se cominciate immediatamente dopo la diagnosi sono particolarmente efficaci); poi perché, ignorando la propria sieropositività, potrebbero aver trasmesso l'infezione attraverso rapporti sessuali non protetti negli anni precedenti la diagnosi”.

A che punto è la prevenzione?
“Questo è sicuramente un aspetto sul quale intervenire: se da una parte la prevenzione incoraggia l'uso del preservativo (poiché previene non soltanto l'infezione da hiv ma anche altre malattie sessualmente trasmesse), l'altro fronte sul quale agire è quello della sensibilizzazione sull'utilità del test, da effettuare dopo un rapporto sessuale non protetto. A questo proposito, può essere utile un altro dato: stimiamo che, in Italia, circa il 15% dei sieropositivi viventi non è a conoscenza della sua condizione. Si tratta di circa 20 mila persone, ignare di aver contratto l'hiv perché non hanno mai fatto il test, magari perché prive di sintomi o convinte di non aver mai avuto rapporti a rischio. Dobbiamo quindi considerare anche questa parte sommersa dell'iceberg che è importante portare in superficie”.

La diagnosi tardiva della malattia è dovuta più a una lunga fase di incubazione o alla poca propensione nel controllarsi?
“Per una mancanza di controlli: l'hiv è un'infezione subdola perché, quando una persona si infetta, per moltissimi anni, a volte anche dieci, non ha nessun sintomo. Arrivare alla diagnosi dipende dal fatto che qualcuno si è reso conto di aver avuto un rapporto a rischio e decide di fare il test; altrimenti, perché compaiono i primi sintomi e qualche medico sospetta una possibile presenza dell'hiv. Ecco il perché delle diagnosi tardive: l'infezione rimane asintomatica per molti anni e le persone non si rendono conto di essersi infettate”.

Ha detto che, negli ultimi anni, la casistica è diminuita… E' merito di una crescita della prevenzione o di una minore diffusione?
“Pensiamo che sia un po' l'uno e un po' l'altro: da una parte riteniamo che le misure preventive poste in essere finora funzionino, tra cui anche le terapie antiretrovirali che in un certo senso riducono l'infettività delle persone; dall'altra speriamo che quello che è stato fatto finora tra un po' di prevenzione, il telefono verde aids e tutto il resto che si cerca di fare, secondo me sempre in modo insufficiente, sulla promozione dell'uso del preservativo, auspicando che il suo uso diventi una consuetudine nei rapporti occasionali, in particolare fra i più giovani”.

A tal proposito, esiste un rischio più elevato per una particolare fascia d'età? Penso a quella giovanile…
“Sì, vediamo che la fascia tra i 25 e i 29 anni è quella maggiormente colpita anche se, numericamente, sono di più quelli appartenenti alle fasce superiori ma questo dipende dal fatto che la popolazione, in Italia, è molto più ampia demograficamente tra le persone adulte. Quindi molta prevenzione va fatta, perché sono proprio i giovani quelli che pagano il costo maggiore di un'infezione da hiv, anche pensando a una futura maternità. E' bene che la popolazione giovane e sessualmente attiva sia sempre presente nell'effettuare il test hiv senza vergogna, anche perché ormai è possibile farlo nelle strutture pubbliche, è gratuito e anonimo. Possono farlo anche i migranti non regolari persenti in Italia poiché non necessita di documenti né di prescrizione medica. E, tra l'altro, nel sito uniticontrolaids.it, c'è una mappa che indica in tutta Italia dove ci sono i servizi che fanno il test hiv con tutti i dati necessari (indirizzi, orari, ecc.). Siamo convinti che questo portale possa agevolare il cittadino a usufruire di questi servizi per effettuare un test con facilità”.

Esistono dunque diversi modi per effettuare un monitoraggio costante su se stessi, tra i quali, per l'appunto, strutture pubbliche e centri di assistenza, tra i quali il telefono verde per l'Aids e le infezioni sessualmente trasmissibili (800 861 061), al quale rispondono esperti del settore. Un servizio (attivo dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 18) anonimo e gratuito. Soluzioni utili per proteggere se stessi e sviluppare quel necessario senso di responsabilità e rispetto anche verso gli altri.

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