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Pillon: “In Senato per portare le istanze del Family Day”

“La Lega nasce nel dodicesimo secolo come risposta delle comunità locali all'invasione dell'impero germanico. Oggi siamo allo stesso punto: solo le nostre comunità familiari e locali sapranno fermare le ideologie relativiste che mirano a distruggere la famiglia e il tessuto sociale”. Le suggestioni storiche e simboliche riecheggiano nelle parole di Simone Pillon. Avvocato, figura di spicco del Family Day, è candidato al Senato con la Lega nel collegio Lombardia 5.

Avv. Pillon, perché ritiene che la Lega sia in grado dare attuazione politica alle richieste che si sono levate dalle piazze del Family Day?
“Quello che mi ha convinto è stato il programma della Lega, che sulla famiglia pare scritto da noi. C’è la lotta al gender, la promozione della famiglia naturale, il sostegno alla natalità con misure chiare, la tutela culturale e valoriale della famiglia insegnando ai nostri figli la bellezza della relazione e, ad esempio, chiudendo i centri commerciali la domenica e ritrovando gli spazi del dialogo familiare. C’è la tutela e la sacralità della casa familiare e il fisco a misura di famiglia. Il tutto con la spiccata attenzione ai diritti dei minori, prevedendo il divieto di adozione gay e il sostegno alla bigenitiorialità anche nella separazione e nel divorzio, così che i figli di separati possano continuare a frequentare con tempi equivalenti la mamma e il papà. È garantita la libertà di educazione in capo ai genitori, sia riservando a loro le scelte fondamentali, sia assicurando i buoni scuola per favorire la scelta di scuole di qualità.  Salvini inoltre si è personalmente impegnato a sostenere la vita nascente mediante il sostegno diretto dello Stato ai Centri di aiuto alla vita. Direi che c’è tutto quello che chiediamo da anni nel mondo pro-life e pro-family. Non si tratta di promesse elettorali, ma di serie politiche già sperimentate e consolidate nei territori in cui la Lega governa, dalla Regione Lombardia alle centinaia di Comuni retti dal Carroccio”.

In Parlamento si farebbe promotore dell’abrogazione delle unioni civili? Non ci sarebbe, tuttavia, il rischio di un intervento della Corte costituzionale? I fautori di questo nuovo istituto sottolineano che la legge che lo ha messo in vigore è “pienamente incardinata sugli articoli 2 e 3 della Costituzione” e che “ha riallineato” l’Italia ai numerosi richiami dell’Europa…
“La legge Cirinnà è anticostituzionale in almeno due passaggi. Non è infatti possibile equiparare le unioni civili al matrimonio e su questo punto la Corte Costituzionale, con la sentenza 138/10 è stata molto chiara. La relazione familiare è solo quella fondata sul rapporto stabile tra un uomo e una donna oppure sulla relazione genitoriale. Ogni altra relazione, pur preziosa, non è famiglia e non può essere trattata come tale. Se tutto è famiglia niente più è famiglia. Inoltre è palese il fatto che mediante le unioni civili sta entrando in Italia per via giurisprudenziale l’adozione gay e la legalizzazione dell’utero in affitto. Dobbiamo fermare tutto questo scempio, e lo dobbiamo fare per il bene dei figli. La legge Cirinnà andrà cancellata dall’ordinamento giuridico. Potranno invece restare i patti privati mediante lo strumento del contratto, sui quali non abbiamo mai avuto nulla da dire”.

Qual è il suo punto di vista su come il fenomeno dell’immigrazione si sta manifestando oggi? È una posizione in linea con il magistero della Chiesa?
“L’accoglienza è un valore che condivido e pratico. Ma a casa mia posso ospitare 5, massimo 10 persone. Non ne potrei ospitare 1000, neppure se lo volessi. La stessa cosa vale per l’Italia. Credo che i limiti di spazio siano già stati ampiamente superati. Sono inoltre convinto che il fenomeno cui stiamo assistendo non sia classificabile come immigrazione. Si tratta piuttosto di una deportazione di massa finalizzata alla decostruzione del nostro Paese mediante la distruzione del mercato del lavoro e la sostituzione etnica e demografica. I primi a pagare il prezzo di tutto questo immenso e terribile piano sono proprio gli africani, deportati dai loro villaggi sulla scorta di false promesse e lasciati poi a girare senza meta nel nostro Paese, senza prospettive e senta progettualità. Il tutto per non parlare delle migliaia di ragazzi e ragazze che hanno perso la vita annegando nel Mediterraneo per l’affondamento dei barconi in cui erano stipati in condizioni inumane. Sono stanco dei professionisti dell’accoglienza che incassano milioni di euro lucrando sulla pelle dei profughi. Dobbiamo fermare tutto questo, ed è lo stesso papa Francesco a ricordarci, in un suo passaggio tanto chiaro quanto poco reclamizzato, che dobbiamo studiare “le cause remote delle migrazioni e praticando soluzioni anche a lungo termine per assicurare alle persone il diritto a non essere costrette a migrare”. Ecco. Faccio mie queste parole. Sono sicuro che studiando le cause remote delle migrazioni scopriremo che il principale bene per le popolazioni africane è quello di non esser costrette a migrare”.

È contro lo Ius Soli?
“Sono contrario allo Ius Soli perché introduce una frattura all’interno della stessa famiglia di stranieri, garantendo la cittadinanza italiana per i nati in Italia e lasciando ai genitori la cittadinanza straniera. Credo che le famiglie debbano restare unite sia dal punto di vista culturale che da quello giuridico. La cittadinanza non può essere un punto di partenza ma un punto di arrivo, all’esito di un percorso di integrazione culturale, linguistica, valoriale e territoriale. A quel punto, valutate le circostanze, dovrebbe essere l’intero nucleo familiare a chiedere la cittadinanza. Tra l’altro gli stranieri che vengono qui con la famiglia sono normalmente i più integrabili e i più disponibili ad accettare le regole del nostro Paese. Inoltre nella demagogia che le sinistre fanno sullo Ius Soli leggo anche un altro pericolo molto serio: il segnale che diamo infatti si presta ad essere strumentalizzato. Cosa può capire una giovane donna di un villaggio nigeriano della differenza tra legge, proposta di legge o programma elettorale? Spesso queste ragazze sentono parlare di cittadinanza per chi nasce in Italia e si precipitano sui barconi, loro e il bambino che portano in grembo, spinte dall’illusione di una vita migliore. L’esito purtroppo è spesso quello della morte in fondo al mare. Io non me la sento proprio di lanciare messaggi politici capaci di illudere le persone, spingendole a mettere a rischio la loro stessa vita. Chi vuole venire in Italia lo faccia secondo i canali ufficiali, e secondo le leggi già in vigore”.

L’Italia sta attraversando un rigido inverno demografico. È possibile invertire la rotta attraverso misure politiche?
“Più che inverno demografico, parlerei di eutanasia di un popolo. Siamo largamente sotto i tassi di sostituzione, con 1,3 figli per ogni donna fertile quando il tasso minimo è di 2.0. La situazione non è reversibile se non attraverso interventi radicali e su più livelli. In primo luogo dobbiamo tornare a garantire dal punto di vista culturale e legislativo la vita e la famiglia stabile, unico vero luogo di accoglienza della vita. Dobbiamo ritrovare insieme la cultura della vita: la legge sull’aborto ha causato in 40 anni oltre 6milioni di aborti. Abbiamo rinunciato a 6milioni di cittadini italiani che avrebbero a loro volta generato altre persone, con un danno incalcolabile per il tessuto sociale del nostro Paese. Tutto questo dovrà essere oggetto di attenta riflessione. Poi dobbiamo impiegare la leva economica e fiscale, garantendo seri supporti per la vita nascente. In questo senso le proposte della Lega mi paiono davvero efficaci: dall’assegno di 400 euro al mese per ogni nuovo nato fino alla maggiore età, alla esenzione Iva per i prodotti dell’infanzia, dagli asili nido gratis al buono scuola di 7mila euro per ogni anno scolastico. La Lega propone anche sistemi di equità fiscale fortemente premianti per le famiglie numerose”.

Non crede ci sia bisogno anche di un lavoro culturale nei confronti delle giovani generazioni?
“È vero, le risorse economiche da sole non bastano. La Francia ha fatto politiche per la maternità avulse dalle politiche per la famiglia e il risultato è stato quello di aver messo al mondo generazioni di figli senza padri. L’approccio alla questione deve essere integrale e capace di dare alle famiglie italiane quella fiducia nel futuro indispensabile per decidersi a mettere al mondo altri figli. Una mia piccola proposta per contrastare la precarietà affettiva che genera infertilità è quella del matrimonio non divorziabile. Chi vuole divorziare può usare quel che resta del matrimonio civile, ma chi vuole invece deve poter scegliere una forma di matrimonio davvero ‘per sempre’. Negli Stati Uniti si chiama ‘covenant marriage’. In questa prospettiva di reciproca promessa a tempo indeterminato, le coppie ritrovano insieme il coraggio di aprirsi generosamente alla vita. Conosco e frequento famiglie con 10 o 12 figli e posso assicurare che non è certo il denaro a dar loro l’immenso coraggio di accogliere la vita. La salvezza come vedete non verrà dalla politica, ma una buona politica può aiutare il nostro Paese ad agganciare la ripresa valoriale, che porterà con sé anche la ripresa demografica e la ripresa economica. Se sarò eletto, con gli amici della Lega, mi impegnerò per realizzare ogni punto di questo audace ma non differibile programma”.

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