La sentenza della Corte Costituzionale che il 9 aprile bocciava il divieto alla “fecondazione eterologa” previsto da alcuni articoli della legge 40 del 19 febbraio 2004, ossia quella sulla procreazione medicalmente assistita, sancita e approvata dal parlamento italiano e confermata successivamente da un referendum nel 2005 – ha aperto scenari preoccupanti. In particolare veniva ricusato, con grande sconcerto, uno degli aspetti più rilevanti di quella legge, ossia il divieto per le coppie di ricorrere ai gameti di un donatore esterno. Nelle motivazioni della sentenza 162/2014, depositate a giugno, dopo aver svuotato di alcuni capisaldi la legge ed aver tolto gran parte dei paletti che la stessa aveva posto al fine di regolamentare un’attività che fino al 2004 era un vero e proprio Far West, la Corte Costituzionale arrivava ad affermare che non vi sarebbe “alcun vuoto normativo” facendo intendere che un intervento del Parlamento sarebbe superfluo. In sostanza, la decisione apre alla possibilità che una terza figura (spesso maschile) si possa inserire tra la coppia creando una distinzione tra una paternità biologica e una paternità affettiva e sociale.
Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita intervistato su “La Presse” l’11 giugno 2014 dichiarava: «Siamo alle solite: si guardano solo gli interessi, i desideri degli adulti e non gli interessi e i diritti dei bambini» eppure «la Convenzione universale dei diritti del fanciullo afferma a chiare lettere che in ogni decisione di carattere amministrativo o giudiziario riguardante i minori deve essere data prevalenza all’interesse e ai diritti del bambino»… In questa sentenza, qual è il diritto del bambino? Vivere nell’incertezza delle sue origini, o essere certo delle proprie figure genitoriali? Conoscere la propria storia sanitaria o essere all’oscuro di eventuali anomalie genetiche? Di tutto questo non si fa cenno nella delibera. Allora… il vuoto legislativo allo stato attuale, esiste o no?
Il 27 settembre 2014 il Card. Bagnasco (fonte Ansa), intervistato in merito, affermava: «I bambini si generano, non si producono, sono un dono, non un diritto». Dono… forse questa è la parola dimenticata!
Il 16 dello stesso mese di aprile, balza agli “onori” della cronaca il caso dello scambio di provette, avvenuto presso l’ospedale Sandro Pertini di Roma: una coppia di genitori, che il 04 dicembre 2013 si era sottoposta ad un trattamento di fecondazione artificiale, rimane vittima involontaria di uno scambio di embrioni. Potremmo definire la storia significativa nella sua aberrante situazione. Più efficace di mille parole, essa riassume in sé tutte quelle problematiche che deriverebbero da un consenso ad una fecondazione illimitata e priva di paletti “etici”. Come i genitori “biologici” dovranno considerare quel figlio nato all’interno di un’altra coppia? È “giusta” la decisione di affidare il bambino alla donna che lo ha partorito? E se questa è “giusta”, che diritti può reclamare il padre? Ma allora ci si chiede ancora una volta: esiste o no un vuoto legislativo?
Davide Rizzo
Presidente Mpv, Cav Marche (FederVitaMarche)