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Quattro stalker su dieci sono recidivi

Il pacchetto di misure che è diventato legge velocizza i tempi e inasprisce le pene contro chi commette il reato di stalking e cioè provoca con il suo comportamento persecutorio paura e ansia nella vittima e la costringe a cambiare abitudini, spostamenti, orari, hobby. Lo stalker rischia una condanna fino a sei anni e mezzo. Ma è davvero così?

Aumentano i persecutori tra vicini e colleghi

Massimo Lattanzi coordina l'Associazione italiana di psicologia e criminologia ed è fondatore dell'Osservatorio nazionale stalking e su Donna Moderna ha fotografato il fenomeno. In due anni in Italia le denunce per stalking sono dimezzate: da 13.177 a 6437. È boom del sommerso: in Italia 8 donne su 10 non denunciano il persecutore. Per l’Istat in Italia una donna su 5 è stata perseguitata nella vita. Secondo le ultime ricerche, nel 70% dei casi le vittime sono donne e nel 55% dei casi il colpevole è un ex fidanzato o ex marito. Tra i persecutori aumentano vicini o colleghi. Il Parlamento ha appena approvato il Codice rosso con nuove misure contro la violenza di genere. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale è quindi legge. “È il massimo che si può attualmente fare sul piano legislativo per combattere la violenza sulle donne”, ha commentato il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, fondatrice di Doppia Difesa, una Onlus costituita nel 2007 per aiutare chi ha subìto discriminazioni, abusi e violenze ma non ha il coraggio, o le capacità, di intraprendere un percorso di denuncia. Si tratta soprattutto di donne che spesso non hanno consapevolezza del loro status di vittime, perché vivono in condizioni di isolamento ideologico o sociale, nel silenzio oppure nell’indifferenza generale. “La violenza sulle donne è un fenomeno diffuso e multiforme: si verifica in ogni strato sociale e riguarda donne di ogni età – osserva Bongiorno -. Chi subisce o ha subìto violenza non deve mai credere di essersela meritata; deve al contrario imparare a riconoscerla e a percepire la gravità delle aggressioni, fisiche e psicologiche”. Doppia Difesa si impegna per convincere le donne a non accettare mai la violenza, in nessun caso e in nessuna forma, e a pretendere un rapporto di coppia sano, basato sul rispetto reciproco, sul diritto all’amore, sulla comprensione e sulla collaborazione. La violenza non è un “fatto privato” da nascondere o qualcosa di cui vergognarsi. È importante che le vittime escano allo scoperto e denuncino, perché il silenzio fa il gioco dei carnefici. Accettare disparità e maltrattamenti, sottovalutando la violenza o perdonandola,  è pericolosissimo: l’escalation dei comportamenti aggressivi è imprevedibile e può avere esiti tragici. “Anche se è difficile, bisogna trovare il coraggio di chiedere aiuto e denunciare – sostiene Bongiorno-. La battaglia contro la violenza dev’essere condotta anche sul terreno dell’educazione e del rinnovamento culturale. La concezione della donna come essere inferiore va scardinata innanzitutto in famiglia e a scuola: non è mai troppo presto per far capire ai bambini che siamo tutti uguali. La violenza è infatti anche una conseguenza della discriminazione e potrà essere sconfitta soltanto quando uomini e donne saranno realmente uguali, con gli stessi diritti, doveri e opportunità. L’uguaglianza è un diritto: le donne devono imparare a pretenderla se qualcuno la mette in discussione”. Doppia Difesa svolge una duplice attività: non solo sostegno e tutela alle vittime, ma anche sensibilizzazione e promozione della “tolleranza zero” verso discriminazioni, abusi e violenze. E si avvale della collaborazione di operatori, psicologi e avvocati, che si occupano della prima accoglienza, della consulenza e dell’assistenza psicologica o legale.

Due anni per una sentenza

“Il Codice rosso è un'importantissima novità con la quale vogliamo scongiurare che le donne stiano mesi o anni senza ricevere aiuto, ma dopo questa svolta, sono consapevole che l'impegno per combattere la violenza sulle donne non può finire qui: per esempio, sarà essenziale operare sul piano della riduzione dei tempi dei processi penali – aggiunge Bongiorno-. Fare il massimo sul piano legislativo è fondamentale, ma non basta. La violenza sulle donne è molto spesso una conseguenza delle discriminazioni; dunque, gli interventi legislativi devono essere accompagnati da azioni concrete sul piano culturale”. Il Dipartimento per le Pari opportunità ha stanziato 37 milioni di  euro per il Piano nazionale sulla violenza degli uomini contro le donne. In 1 caso su tre il reato di stalking è l’anticamera della violenza fisica sulle donne fino al femminicidio. Dal 2009 in alternativa alla denuncia le legge (articolo 612 bis del Codice penale) prevede un percorso più veloce: l’ammonimento, cioè la possibilità di rivolgersi direttamente al questore che, ascoltata la vittima attraverso le forze dell’ordine, avvia i riscontri di quanto dichiarato. Entro 15 giorni può scattare il provvedimento che impone allo stalker il divieto di avvicinarsi. Ma se a valutare il disagio ci sono persone prive di adeguata formazione sulla violenza di genere, si tende a minimizzare. La sentenza di primo grado, ricostruisce l’inchiesta realizzata per il settimanale Donna Moderna da Flora Casalinuovo, per stalking arriva in media dopo due anni. Senza un supporto psicologico, lo stalker torna a colpire: il 40% è recidivo. Se lo stalker è incensurato, il suo difensore in genere cerca un accordo con la controparte: risarcimento della vittima in cambio del ritiro della querela. Il nuovo Codice rosso approvato dal Parlamento introduce una corsia preferenziale per le denunce di stalking per impedire che restino due, tre settimane sulle scrivanie delle forze dell’ordine prima di arrivare ai pubblici ministeri che devono indagare e valutare il rischio a cui è esposta la vittima. Il 13 luglio a Savona è stata uccisa dall’ex marito Deborah Ballesio: lo aveva denunciato 19 volte dopo che lui aveva dato fuoco al suo locale.

 

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