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“Italia in fortissimo ritardo su contrasto alla povertà”

L'Italia è in fortissimo ritardo sul contrasto alla povertà”. E' l'allarme lanciato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) nel documento di Osservazioni e proposte su “Povertà, disuguaglianze e inclusione”. Il testo evidenzia come, rispetto ai Paesi Ue, l’Italia investa molto meno per l’esclusione sociale rispetto al proprio Pil (0,77% contro 1,8 %), per la famiglia ed i minori (5,98% contro 8,08%) e per l’abitazione (0,12% contro 1,5%). 

Il documento

“Il contrasto alla povertà, il superamento delle disuguaglianze e le politiche per l’inclusione – si legge nel documento stilato dal Cnel – richiedono interventi molteplici il cui pilastro centrale sono le politiche sociali, da finanziare adeguatamente con la dotazione dei fondi nazionali a garanzia delle prestazioni, a partire da quelle definite e da definire come livelli essenziali, e l’infrastruttura territoriale che garantisca uniformità e adeguatezza della rete dei servizi a governance pubblica in ogni Regione”. 

Fattori di povertà

“La prima misura strutturale di contrasto è stata introdotta, con estremo ritardo, solo nel 2017 con l’introduzione del Rei. Con la crisi, che ha comportato un accrescimento dei bisogni di cura, inclusione e contrasto alla povertà, la dinamica della spesa socio-assistenziale, invece di segnare un incremento, ha registrato nel periodo 2013/2017 una tendenziale stagnazione, pur se con andamenti altalenanti, e peraltro si è andata riducendo in particolare proprio nella componente più importante del welfare territoriale e dei servizi”, si legge nel documento. “Tra i fattori che determinano la maggiore incidenza della povertà nelle famiglie con figli minori – prosegue il Cnel – ci sono l’insufficienza e la frammentazione di prestazioni e servizi pubblici a sostegno dei figli, che siano capaci di favorire la piena occupazione dei genitori, in particolar modo delle donne”.

“Sono necessarie pertanto – conclude il testo – politiche di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari che intervengano in maniera coordinata su congedi e permessi, sull’organizzazione del lavoro, su istituti innovativi disciplinati dalla contrattazione collettiva e, soprattutto, sul sistema dei servizi all’infanzia, che risultano ancora scarsamente diffusi”.

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