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Accademia OL3D: formazione certificata per giovani con fragilità

Marino D’Angelo, presidente di Abili Oltre APS, spiega Accademia OL3D, un progetto di formazione rivolto a ragazzi vulnerabili o con disabilità

Il lavoro è un diritto che deve essere garantito a tutte le persone ed è il fondamento su cui si basa l’autonomia, non solo economica, di ogni essere umano. Purtroppo però, questo principio non viene sempre rispettato e accade per esempio che tanti giovani con disabilità certificata, terminato il percorso educativo scolastico, si ritrovino emarginati, ad attendere tra le mura domestiche che qualcuno si accorga di loro. Si tratta di un problema che non può essere ignorato e per questo Abili Oltre APS ha attivato un progetto che, attraverso corsi specializzati e gratuiti, promuove l’occupazione qualificata e certificata delle persone tra i 18 e i 35 anni con disabilità o con fragilità sociale, in stato di disoccupazione.

Abili Oltre APS

Si tratta di una smart community del terzo settore, impegnata a promuovere, a proteggere e ad assicurare un’idea di normalità che abbraccia anche la diversità delle persone con disabilità. Lo fa agendo nella quotidianità e coinvolgendo una società a cui ancora oggi, spesso, il diverso spaventa.

L’intervista

Marino D’Angelo, presidente di Abili Oltre APS, spiega ad Interris.it il progetto di Accademia OL3D, che offre gratuitamente a ragazzi con disabilità o svantaggio sociale, come donne vittime di violenza, immigrati ed ex detenuti, la possibilità di acquisire delle competenze professionali di base con la certificazione ICDL, riconosciuta a livello internazionale.

Presidente, ad oggi le persone con una fragilità che lavorano, di cosa si occupano?

“Solitamente attività di tipo manuale. Si tratta di lavori da rispettare, ma non è possibile pensare che una donna che ha subito una violenza debba per forza fare solo ed esclusivamente la cameriera e nemmeno che un ragazzo disabile possa solo lavorare con le mani. Si tratta di una visione arretrata della realtà, ma che può essere oltrepassata, dotando loro di una competenza professionale, con degli strumenti, capaci di soccombere la mancanza di alcune abilità fisiche o intellettive. Da questo capiamo che per esempio un ragazzo in sedia a rotelle, con la robotizzazione dell’agricoltura, può benissimo lavorare la terra e fare della sua passione per la natura, il proprio lavoro”.

Il vostro progetto si basa sull’innovazione digitale. Perché questa scelta?

“Noi siamo convinti che il progresso possa essere un’opportunità per tutti, comprese le fasce sociali più deboli. L’innovazione sociale diventa dunque il trampolino per ottenere delle competenze professionali, ormai indispensabili per entrare nel mondo del lavoro. In questo modo la tecnologia non esclude l’altro, ma diventa strumento di inclusione sociale e occupazionale, dando pari dignità e opportunità lavorativa. Si tratta di un processo che non può essere procrastinato, perché la rivoluzione digitale è un cambiamento che avviene molto velocemente e che, se non ci si adegua subito, potrebbe anche portare ad un’emarginazione definitiva di tutti coloro che non sono ritenuti idonei”.

Quale è il passo successivo alla certificazione?

“Ci attiviamo per l’inclusione lavorativa effettiva, coinvolgendo aziende che hanno una quota d’obbligo di assunzione di categorie protette e che sono agevolate dal nostro lavoro, in quanto possono avere delle persone già formate nel loro ambito di competenza. Noi infatti possiamo fare delle convenzioni con le aziende e le associazioni di categoria a cui chiediamo in anticipo i profili ricercati, e alla luce delle loro esigenze formiamo i nostri ragazzi”.

La società è pronta a questo cambiamento anche mentale?

“La risposta non è semplice in quanto, ancora oggi, ci accorgiamo che non tutte le aziende si sono adeguate al digitale, ma rimangono ancorate ad un modello lavorativo arretrato. Questa situazione non si può perpetuare in quanto, anche i lavoratori considerati normodotati, non più giovanissimi, hanno bisogno di un adeguamento e una formazione adeguata che li accompagni nella digitalizzazione”.

A livello psicologico, quanto è importante per una persona fragile avere pari opportunità rispetto agli altri?

“È fondamentale e quando avviene si manifesta in loro con una trasformazione. Il cambiamento è dovuto al fatto che l’emarginazione esclude e fa sentire diversi, l’inclusione invece, rende la propria diversità come qualcosa di normale e che si può usare per offrire quel quid in più. Per questo motivo noi ci battiamo perché la società e il mondo del lavoro siano a misura di tutti e per tutti e perché tutti siano in grado di capire il valore inestimabile di queste persone speciali”.

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