Negli ultimi cinquant’anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi più sviluppati e si stima che nel 2050 la quota di ultra65enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni. La tutela delle persone con fragilità passa, anche e soprattutto, attraverso una adeguata assistenza domiciliare alle persone con varie fragilità. Questo delicato compito, spesso, è svolto dagli assistenti familiari che, a loro volta, necessitano di particolari tutele contrattuali per svolgere al meglio la propria azione.
Le cifre
Secondo gli ultimi dati pubblicati, nell’ultimo decennio, il numero di assistenti familiari in Italia è passato da 310 a 438mila unità di cui le donne straniere rappresentano la componente più numerosa con il 67,5% ma, le donne italiane che svolgono questa professione, secondo le statistiche, sono passate da 36 mila a 106 mila e oggi rappresentano il 24,3% del totale con una punta del 72,4 % in Sardegna.
Le madri lavoratrici
La figura degli assistenti famigliari è importantissima in quanto, grazie al loro operato quotidiano, garantiscono l’assistenza e l’espletamento delle attività quotidiane di milioni di persone con fragilità. Negli ultimi anni, dal punto di vista normativo, ci sono state diverse evoluzioni con l’obiettivo di garantire la crescente tutela di chi svolge questa professione di cura. In particolare, nell’ultimo rinnovo del CCNL lavoro domestico, è stata aggiunta una nota volta a promuovere la tutela delle madri lavoratrici. Interris.it, in riguardo a questo tema, ha intervistato Giamaica Puntillo, segretaria nazionale di Acli Colf, l’Associazione delle Acli che organizza le collaboratrici e i collaboratori familiari.
L’intervista
Nell’ultimo rinnovo del CCNL lavoro domestico è stata inserita una nota che promuove la tutela delle lavoratrici madri: cosa prevede?
“Le colf e le badanti, in quanto lavoratrici dipendenti, rientrano nella disciplina generale a tutela della maternità. La norma prevede il divieto, per il datore di lavoro, di impiegare la gestante in qualsiasi attività lavorativa nei 2 mesi precedenti la data presunta del parto, e nei 3 successivi. Durante tale periodo viene sospeso il rapporto di lavoro che esonera la famiglia dal pagamento della retribuzione e della contribuzione, sostituite dalla indennità di maternità a carico dell’INPS. Durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, la lavoratrice domestica ha diritto a percepire, a carico dell’Inps, l’indennità di maternità per un importo pari all’80% della retribuzione giornaliera convenzionale settimanale per le lavoratrici domestiche”.
Qual è il giudizio di Acli Colf? In che modo, a vostro giudizio, bisognerebbe incrementare la tutela di tali lavoratrici?
“In qualità di Acli Colf siamo soddisfatte per quanto previsto dalla normativa vigente perché, finalmente, viene riconosciuto un diritto sacrosanto delle lavoratrici, quello della maternità. Bisogna però ricordare che tale tutela si applica unicamente alle lavoratrici regolarmente contrattualizzate. Per questo riteniamo che occorra contrastare il dilagare del lavoro nero, sensibilizzando famiglie e lavoratrici al contratto, senza il quale vengono meno tutta una serie di tutele, come quella appena descritta”.