Il grande cuore di Siena ha accolto Mustafà e la sua famiglia, il bambino siriano di sei anni nato senza braccia e senza gambe a causa delle conseguenze della guerra, divenuto famoso grazie a una foto che lo ritrae insieme al padre, anch’egli senza una gamba.
Mustafà ha effettuato visite e accertamenti presso l’ospedale Santa Maria alle Scotte (Siena) subito dopo la fine della quarantena, a seguito del suo arrivo in Italia, all’interno del Dipartimento della Donna e dei Bambini, diretto dal professor Mario Messina.
In particolare, il piccolo è stato ricoverato in Pediatria, affidato alle cure dei professionisti diretti dal professor Salvatore Grosso e, in seguito, si è reso necessario un complesso intervento di chirurgia pediatrica, durato circa tre ore ed effettuato dall’équipe diretta dal professor Mario Messina, insieme al professor Francesco Molinaro, agli anestesisti dell’Anestesia e Rianimazione Perioperatoria diretta dal dottor Pasquale D’Onofrio e a tutto il personale di sala operatoria.
InTerris.it ha intervistato il professor Mario Messina per raccontarci di Mustafà e della sua famiglia e del valore della solidarietà in una società spesso cieca ai bisogni dei poveri, specie se vivono in Paesi lontani.
L’intervista al prof. Mario Messina
Come è nata l’idea di aiutare Mustafà e la sua famiglia?
“E’ nata grazie alla foto che lo ritrae insieme al padre, uno scatto che ha fatto il giro del mondo e ha vinto il Siena International Photo Award, che ha innescato una vera e propria gara di solidarietà. Il piccolo e la sua famiglia, compreso il padre che ha a sua volta una gamba amputata, sono stati presi in carico, attraverso l’interessamento del cardinale di Siena Augusto Lojudice, dalla Caritas diocesana che si è occupata a 360° del trasporto dalla Siria all’Italia, nonché della sistemazione in città – dove la famiglia ha passato la quarantena – e della presenza in ospedale”.
La città di Siena come ha accolto Mustafà e la sua famiglia?
“Benissimo, con grande entusiasmo e amicizia. Siena è una città sempre molto accogliente”.
Che menomazioni presenta il piccolo dal punto di vista medico?
“Il bambino è nato gravemente malformato. Manca completamente di entrambe le gambe e di un braccio. L’altro è solo un moncone. Una malformazione dovuta probabilmente al fatto che la mamma è entrata in contatto (durante la guerra in Siria) con qualche sostanza chimica mentre era in gravidanza”.
Che genere di intervento?
“Ci siamo accorti che aveva un’altra malformazione a livello addominale che andava corretta chirurgicamente. Abbiamo deciso così di operarlo prima che lui facesse le operazioni alle gambe e alle braccia”.
Come stava dopo l’intervento?
“Bene. I bambini si adattano a tutto! Per fare un esempio, quando il bambino nel pomeriggio ancora non aveva fatto la pipì, scherzando gli ho detto che gli avrei messo il catetere… Mi ha risposto con una parolaccia! [ride, ndr]”.
Quindi ha già imparato qualche parola in italiano, di quelle “fondamentali”…
“Sì. Ha già imparato ‘Ciao’ e comincia un po’ a imparare diverse parole in italiano”.
Che carattere ha Mustafà? Sembra un bambino allegro, non particolarmente timido
“Ha proprio un bel caratterino! Il mio motto è: se un bambino è – mi passi il termine – ‘fastidioso’, cioè è allegro, vuole fare tante cose, è curioso… significa che sta bene! Ora sta vivendo una vita alla quale non era abituato”.
In quale zona della Siria viveva la sua famiglia?
“In una zona di guerra nel nord della Siria, dove c’erano tanti profughi. Nel momento in cui è venuto fuori il problema di questo bambino con il suo genitore, a Siena hanno provveduto e stiamo provvedendo a creargli una vita diversa. Peccato che non lo possiamo fare per tutti!”.
A fine marzo andrà a Budrio per le protesi. Giusto?
“Sì, al momento lui gattona. Quando avrà le protesi il problema sarà quello di adattarsi a camminare, perché non lo sa fare…”
Secondo lei, alla fine di questo percorso potrà avere una vita normale?
“Sì certo. Potrà avere una vita normale usando le protesi”.
Prima ha nominato la Caritas e il ruolo che ha avuto nel sostenervi in questi giorni. Qual è stato l’appoggio del cardinale Lojudice?
“Completo! Loro si stanno prendendo cura di questa famiglia. Il cardinale e Anna Ferretti, la responsabile della Caritas – una persona che mi onoro di avere come amica – stanno facendo il massimo. Anche durante la degenza erano presenti sempre. Devo dire un grande grazie. Sono persone solo da elogiare”.
Cosa ci insegna la storia di Mustafà?
“Ci insegna la speranza e la solidarietà. Se c’è un gruppo unito di persone che aiuta gli altri nessuno lo può fermare, si possono fare cose impensabili. Questo dovrebbe essere solo l’inizio di un percorso… ci sono tanti altri bambini che avrebbero bisogno di cure. E questo io lo so bene, perché durante la mia lunga esperienza di chirurgo pediatra sono stato sei anni in Kurdistan a operare i bambini… Lì non ci siamo più potuti andare perché c’è stata la guerra e l’Isis. Comunque le posso assicurare che possiamo fare tantissimo. Mustafà ne è l’esempio!”.