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“Amo Reading”: i libri che creano l’inclusione

L'intervista di Interris.it al dott. Matteo Andreone, referente del progetto "Amo Reading" che valorizza la lettura tra i più giovani

I libri sono un diritto di tutti in quanto, la lettura, è un potentissimo mezzo di inclusione e partecipazione collettiva. Leggere, soprattutto tra le giovani generazioni, include perché favorisce una narrazione personale che permette di organizzare ed esprimere ciò che hanno dentro. I testi quindi, nella loro accezione più ampia, rappresentano uno strumento per raccontare la propria esperienza e per comprendere il mondo che ci circonda.

L’esperienza di “Amo Reading”

In Lombardia, negli ultimi anni, la passione, l’interesse, la semplice curiosità per i libri e per tutto quanto ruota intorno al mondo dei libri, è sfociata in numerose e differenti attività focalizzate sulla lettura, tramite l’audio-narrazione, le graphic-novel, incontri tra lettori abituali e nuovi lettori che, tutti insieme, sotto la supervisione di ACLI Lombardia ed Enaip, con il contributo di Fondazione Cariplo, hanno dato vita al progetto denominato “Amo Reading”, per valorizzare la lettura a 360 gradi. Interris.it, in merito a questa esperienza di inclusione, ha intervistato il dott. Matteo Andreone, referente del progetto.

Matteo Andreone e il logo di “Amo Reading” (© Matteo Andreone)

L’intervista

Dott. Andreone, come nasce e che obiettivi ha il progetto “Amo Reading”?

“’Amo Reading’ nasce dalle ceneri di un altro progetto denominato ‘Bella Libro’, risalente a due anni fa. I motivi che ci avevano spinto ad organizzare questa prima progettualità giocavano sulla scomposizione diversa della parola, ovvero ‘bella li bro’, uno modo che utilizzano i giovani per chiamarsi tra di loro. Questa progettualità prefiggeva lo scopo di incentivare la lettura tra gli studenti delle scuole superiori e, in particolare, di coloro che frequentano gli istituti professionali perché, in genere, per formazione e obiettivi di vita, sono meno abituati. Questi ragazzi hanno dai tredici/quattordici anni d’età fino ai diciotto/diciannove. Quindi, sono stati scelti una serie di istituti scolastici a Mantova, Bergamo e Como che, in precedenza, avevano dato la loro adesione e si erano trovati concordi con i nostri obiettivi. Abbiamo scelto sia classi uniche che classi trasversali e svolgevamo una serie di laboratori con loro, i quali culminavano poi in una serata finale, in cui si teneva la presentazione di un autore o di un libro per ogni istituto. Da lì si è passati alla seconda edizione, ovvero ad ‘Amo Reading’ che, pur essendo sviluppato in maniera leggermente differente, ha le stesse finalità, i medesimi partner e un istituto di Enaip partecipante in più con sede a Varese”.

In che modo, in base alla vostra esperienza, la lettura può favorire l’inclusione e l’interesse dei più giovani?

“La lettura, per i giovani coinvolti, rappresenta un empowerment. Ci rivolgiamo a una fascia d’età molto particolare e, la letteratura, aiuta a capire che, determinate esperienze, vissute da loro in questo tempo e difficilmente esprimibili a parole, sono già state fatte secoli fa. Serve a far capire loro che, i sentimenti, le emozioni, le indecisioni, le problematiche tra esseri umani, sono già state vissute da altri autori nel passato. Ciò aiuta a far capire loro che, determinate dinamiche, per alcune fasce d’età rimangono sostanzialmente stabili anche se, naturalmente, l’avvento della tecnologia ha mutato una serie di fattori. L’inclusione, pertanto, in questo caso, non è una forzatura dall’esterno, ma è il riconoscimento dei propri problemi a cui non si sa dare voce, contribuendo all’evoluzione dell’essere umano. Facendo un passo avanti, la medesima cosa accade anche con i libri, i fumetti e i racconti narrativi. Così, ognuno di noi, si sente incluso nella società”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro in riguardo allo sviluppo del vostro progetto e per la valorizzazione della lettura in generale?

“Vogliamo dare la possibilità ai più giovani di capire l’importanza del racconto delle storie di qualcuno. Narrare le vicende, indipendentemente dalla forma con cui lo si fa, è fondamentale. Occorre rendere fruibile e comunicabile agli altri i racconti. Il nostro progetto vuole insegnare questo attraverso varie metodologie, come ad esempio attraverso il disegno, il fumetto, il podcast e la voce. Auspichiamo di ampliare in misura sempre maggiore i linguaggi e condividendoli con gli altri attraverso un canale relazionale. Si parte dal libro classico con l’obiettivo di arrivare ai libri 3.0”

 

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