La ripresa ufficiale delle attività parlamentari di Camera e Senato è fissata per l’8 settembre. E c’è già chi vede in quella data, correlando la storia con il presente, un segno del destino. Nei libri scolastici infatti è legata all’armistizio firmato da Badoglio con gli americani, che gettò l’Italia nel caos. Nelle agende parlamentari rappresenta la ripresa dalle ostilità fra la minoranza dem e la segreteria renziana, fra i lealisti di Forza Italia e i trattativisti con la Lega di Matteo Salvini. Insomma, un nuovo caos organizzato, facile preludio ad un settembre nero – dal punto di vista politico sia chiaro – dato che l’orizzonte temporale sono le prossime elezioni amministrative della prossima primavera. Senza dimenticare il referendum sulla riforma istituzionale, ancora da approvare.
Stavolta scegliere il candidato giusto sarà fondamentale per tutti, al di là delle alleanze e degli accordi elettorali, visto che le fughe in avanti dettate da evidenti ambizioni personali stanno creando più di una tensione all’interno del partiti. E questo potrebbe riverberarsi sull’attività politica in senso stretto. All’ordine del giorno della Camera, al rientro dalle vacanze, ci sono interpellanze e interrogazioni mentre mentre il 9 si entra nel vivo del dibattito con il Ddl per la parità nella rappresentanza di genere nei consigli regionali. E già in questa circostanza potrebbero iniziare le fibrillazioni. Certo, gli esperti li considerano punti non troppo impegnativi per ricominciare la stagione che si annuncia, però, soprattutto al Senato, particolarmente complicata, per l’importanza dei provvedimenti in esame e per le tensioni nella maggioranza che ha sempre un margine ristretto, oltreché nel gruppo Pd dove la sinistra non manca di far valere il proprio peso.
Al Senato (dove alcune commissioni sono convocate già da martedì prossimo e dove approda anche la legge di Stabilità), il piatto forte è rappresentato dal ddl Boschi, quello sulle Riforme istituzionali, gravato da oltre 500mila emendamenti presentati dalla Lega, che hanno tenuto impegnati gli uffici durante il mese di agosto. Il rischio concreto è che il testo che abolisce il Senato elettivo concluda il suo iter in commissione senza mandato al relatore e che quindi la partita finale si giochi direttamente in Aula.
Con il valzer dei numeri, giocato al ritmo delle imboscate e della transumanza dei senatori, stregati dalle sirene di una possibile ricandidatura. Il solito pessimo spettacolo che la politica non si stanca mai di mandare in scena, nonostante l’antipolitica sempre strisciante fra gli elettori. Nei giorni scorsi il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha caldeggiato la necessità di un accordo politico per evitare l’impasse. Una predica nel deserto a sentire le voci di questi giorni. Ancora su palazzo Madama, e in particolare sulla commissione Giustizia, i riflettori dovranno restare accesi per una serie di provvedimenti di forte impatto sociale, a cominciare dal ddl Cirinnà sulle unioni civili. Il testo, anche se non è parte del patto di governo per ammissione di tutti gli interessati, mette a dura prova la tenuta della maggioranza.
Area popolare, infatti, non demorde e chiede che il testo venga modificato in modo da escludere in modo inequivocabile la possibilità del ricorso al cosiddetto “utero in affitto” all’estero e la stessa questione della reversibilità della pensione desta forte contrarietà fra i centristi. La proposta di mediazione del coordinatore Ncd Gaetano Quagliariello (si vieti esplicitamente il ricorso all’utero in affitto all’estero e l’intesa si trova) ha trovato accoglienza da una parte del Pd e lo stesso vice presidente dei senatori dem, Giorgio Tonini, ha evocato la necessità di modifiche. Una guerra di posizione, quella appena delineata, che non lascia presagire nulla di buono. Non a caso la cosiddetta “ala laica” degli alfaniani, con esponenti come Sergio Lo Giudice, tiene il punto e pur dicendosi aperta al confronto si dice certa che entro l’anno ci sarà il voto finale.
A Montecitorio, in commissione, l’attenzione sarà puntata soprattutto sulla riforma della Rai come approvata dal Senato prima della pausa estiva e c’è da attendersi un confronto serrato, anche dentro il Pd, su un modello di governance che per molti risulta non in sufficiente discontinuità con la legge Gasparri. Ci sono, poi, le misure di più stretto carattere economico, come il ddl sulla concorrenza e i decreti attuativi della riforma della Pa, mentre resta forte la pressione sull’esecutivo in merito ai decreti attuativi ancora mancanti relativi al Jobs act.
Ma il vero piatto forte della ripresa, come accennato, sarà la manovra economica, che si annuncia del valore di circa 25 miliardi. Ovviamente tutti attendono al varco, anzi alla prova dei fatti, le promesse in merito alla riduzione della pressione fiscale sulla casa e sul lavoro fatte dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Sin qui il quadro parlamentare, che già basta ad agitare i sonni dei protagonisti. Ma a lato c’è anche il dibattito poltico duro e puro, quello che vede la minoranza dem pronta a tutto pur di spiaggiare al Senato l’esecutivo guidato da Matteo Renzi, E nel campo avverso la cenere che cova sotto le manovre messe in atto quest’estate da Silvio Berlusconi potrebbero tornare a incendiare gli animi, mettendo ancora una volta il movimento azzurro con le spalle al muro: con o contro Matteo Salvini.
Le prossime amministrative impongono scelte di campo chiare, che vadano al di là dei tatticismi. Insomma, allacciate le cinture e tenetevi forte, darà davvero un bell’8 settembre. Anzi, visti gli scontri che si profilano, l’inizio di un settembre nero.