Il 14 maggio si celebra la festa di San Mattia, l’apostolo “di riserva”, scelto per sostituire Giuda Iscariota (Atti 1, 15- 25), una vocazione pasquale. Giuda è stato chiamato per essere, con gli altri undici, testimone della resurrezione del Signore Gesù (Atti 1,22). In effetti, la vittoria definitiva e totale di Cristo sulla Morte, dopo averla affrontata in un “prodigioso duello”, non si concluse senza perdite. Qualcuna irreparabile, come quella di Giuda, che finì drammaticamente il suo percorso di discepolo.
Una sedia scomoda
Possiamo immaginare l’imbarazzo causato nell’animo di tutti per quella sedia che Giuda aveva lasciato vuota. Testimone muta di un dramma terribile: il discepolo che tradisce il Maestro e il rimorso che lo spingerà a una morte infamante. Se il ritorno di Gesù aveva attenuato la drammaticità degli avvenimenti, l’ombra della tragica fine di Giuda aleggiava ancora sulla memoria di tutti. Non potevano dimenticare che Giuda era “uno di loro e aveva ricevuto come loro una parte del ministero”. Inoltre, “il fatto era divenuto noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme” (Atti 1,18-19), il che aveva coperto di vergogna tutto il gruppo dei seguaci di Gesù.
In realtà, quel posto che Giuda occupava, la sua “sedia” vuota nel Cenacolo, ricordava a ciascuno dei discepoli la propria fragilità. Il gesto di Giuda fu orrendo (sebbene solo Dio sa quale sarebbe stata l’intenzione di Giuda: forse provocare Gesù perché manifestasse il suo potere di Messia?). Ma nessuno degli “Undici” poteva andar fiero della propria condotta, a cominciare da Pietro. Nessuno si era rivelato all’altezza della situazione. Tutti avevano abbandonato Gesù nella “Sua ora”. Per questo quella sedia vuota non parlava solo del suo antico occupante!
Cosa fare? Lasciare che questa “sedia vuota” continui la sua “denuncia”, o darle un nuovo occupante? Questa sarà la prima domanda alla quale gli “Undici” dovranno dare una risposta. Pietro, assumendosi la responsabilità della comunità riunita in forma plenaria (120 persone), dà inizio ad un discernimento sulla questione. Manifesta di aver tratto insegnamento da quella dura esperienza di eccessiva auto-fiducia. Non si precipita a prendere una decisione. Consulta le Scritture (i Salmi), stabilisce i criteri per una scelta che coinvolga tutta la comunità e, insieme a questa, chiede a Dio di manifestare la sua scelta.
Il candidato deve essere qualcuno che sia stato al seguito di Gesù “a partire dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui era stato elevato al Cielo” (Atti 1,22). La comunità designa due persone: Giuseppe chiamato Barsabba, detto il Giusto, e Mattia. La scelta fu fatta tirando a sorte e uscì il nome di Mattia. Così si rinforzò il gruppo dei “Dodici”. Mattia è la forma abbreviata dall’ebraico di Mattatyàh, “Dono di Dio”, trascritto in greco in tre modi differenti: Mattia, Matteo e Matatia.
Quella sedia, adesso occupata da Mattia, ha poco da dirci del suo nuovo occupante. Giorni dopo, con la discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, il gruppo dei Dodici, da poco ricostituito, si disperse per il mondo a testimoniare la resurrezione di Gesù e noi perdiamo le tracce di buona parte di loro. Nulla più sappiamo di Mattia, salvo quel poco che dice la tradizione e, se non bastasse, questa è assai incerta. Secondo gli Atti apocrifi, sembra che Mattia sia nato a Betlemme da una illustre famiglia e faceva parte dei 72 inviati in missione (Luca 10). Secondo alcuni, avrebbe evangelizzato il Medio oriente e l’Africa (Etiopia), dove pare che sia stato crocifisso. Secondo altri ancora, sembra che sia stato martirizzato a Gerusalemme. È raffigurato come un uomo anziano con un’alabarda in mano, simbolo del suo martirio. Le sue “ipotetiche” reliquie furono portate a Roma (Basilica di Santa Maria Maggiore) per opera della regina Sant’Elena, madre di Costantino. La “sedia” o meglio “il trono” che adesso occupa Mattia in cielo (Matteo 19,28) potrebbe raccontare molto di più, ma fino ad oggi Wikileaks non è riuscito ad accedere ai dati dei computer celesti. Quello che è filtrato è stato per iniziativa celeste (apparizioni o “rivelazioni”), ma, a dire il vero, questo non ha destato grande interesse per i mezzi di comunicazione!
Altre sedie libere o vuote
Ma parliamo di “sedie” qui in terra. Tutti abbiamo la nostra “sedia”, il nostro posto, un compito specifico da svolgere, una responsabilità da assumerci nella vita, nella società e nella Chiesa. Se non occupiamo quella “sedia”, essa resterà vuota, a denunciare la nostra assenza! Ma più che alla sedia noi aspiriamo ad un “grande seggio” (essendo il trono esclusivo del Re!), possibilmente collocato su un’alta pedana per essere ben visti e da dove dominare la platea. Anche la “poltrona” è ricercata, oltretutto come suo naturale complemento (dopo le solenni sedute sul seggio!). Gli aspiranti a seggi e poltrone sono numerosi. Chi ha la fortuna di arrivare ad occupare un tale posto non lo abbandona facilmente. Vi si abbarbica con le unghie e con i denti! Sono le sedie normali che abbondano. Quelle semplici, umili, poco comode e ineleganti.
Se vogliamo vedere davvero sedie libere e banchi vuoti, basta entrare in una delle nostre chiese (se siamo fortunati di trovarne una aperta!) o in certi seminari o case religiose! Quanti posti vuoti! Questi sono poco ricercati, se non da qualche povero vagabondo, se ha la fortuna di poter entrarci. Oltretutto la seduta è poco comoda, oltre che vecchia e scardinata. In tutti i modi, per un credente quelle sedie sono particolarmente imbarazzanti, per lo spettacolo che offrono di assenza ed abbandono. Dove sono andati i loro occupanti? Molti di loro hanno trovato un posto migliore, preparato dal Maestro (Giovanni 14,1-3), ma non sono stati rimpiazzati: il loro posto è rimasto vuoto! Altri, ad un certo punto, stanchi e delusi, se ne sono andati chissà dove.
Davanti a questo spettacolo molti si chiedono cosa fare. Alcuni hanno deciso semplicemente di svendere o chiudere tali luoghi; altri li hanno ristrutturati, riducendo l’offerta alla misura della richiesta! Saranno queste le uniche soluzioni? Il Vangelo ne suggerisce altre (vedi Luca 14,23). Il pastore non si accontenta delle 99 pecore, quando ne perde una. È quella che manca a contare per lui (Luca 15,1-7).
La “nuova evangelizzazione” ha come scopo far uscire la Chiesa sulle strade. Dio voglia che questo invito di papa Francesco svegli tanti cristiani, seduti comodamente sulle loro poltrone, e soprattutto faccia scendere dagli “alti seggi” molta “gente di chiesa” per avvicinarsi alle poche sedie impegnate, specialmente a quelle in fondo alla chiesa, i cui occupanti guardano più all’uscita che all’altare!…
Si dice talvolta che oggi lo “spirituale” non trovi “richiesta” ma, se siamo onesti, vediamo che il mercato è ricco di offerta, il che significa che abbonda anche la richiesta. Il problema è che eravamo abituati ad avere l’esclusiva e non accettiamo concorrenza. Abbiamo il “miglior prodotto” del mercato, ma siamo dei pessimi “promotori”. Forse perché ci siamo stancati, come gli Israeliti nauseati della manna (Numeri 21, 5)? Come possiamo noi annunciare la Buona Novella, se ci manca il sorriso? Come convinceremo la gente di strada ad entrare nella sala del banchetto, se spiritualmente appariamo famelici? Come possiamo accogliere il “figliol prodigo”, se vediamo il Padre come un padrone e se, in fondo, invidiamo il fratello “ribelle”?
Tante sedie vuote, in realtà, denunciano la nostra poca fede, più che l’assenza di chi ha abbandonato! Il segno più evidente di questa nostra carenza è la mancanza d’impulso missionario. La fede non condivisa cade in letargo e, a poco a poco, si adagia.
E la mia sedia?
Noi missionari potremmo parlare anche dell’esperienza di chiese piene, dove mancano le sedie. Sono i poveri raccolti nei crocicchi delle strade che hanno accolto la chiamata ed hanno occupato i posti lasciati da chi ha declinato l’invito (Matteo 22,9)? È probabile! Ma questo fu possibile grazie alla semina di generazioni di missionari che, all’invito di Dio, hanno lasciato il loro posto d’origine per andare in giro nel mondo a portare l’invito del Re.
Per questo ci sono posti “vuoti” che sono testimonianza di una forte e speciale presenza. Pensiamo al posto lasciato dal Maestro, una volta terminata la sua missione, o alla sede apostolica, quando gli apostoli abbandonarono Gerusalemme per evangelizzare il mondo! O ai martiri strappati violentemente dal loro posto di servizio o ai missionari che hanno lasciato la loro terra e famiglia?… Questi posti vuoti emanano solidarietà, comunione ed una presenza più forte di quella semplicemente fisica!…
Un posto vuoto può pure significare un atteggiamento di attesa e di accoglienza, come il posto libero nella Pasqua ebraica richiama la venuta del Messia!… O il posto disponibile per accogliere in qualsiasi momento l’ospite povero o lo straniero che batte alla nostra porta!…
Una penultima parola: la mia sedia che dirà di me? Denuncia una mia assenza e mancanza d’impegno o testimonia una presenza solidale? A ciascuno la sua risposta! L’ultima Parola è quella dell’Amen, del Testimone Fedele: “Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono” (Apocalisse 3,21).