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Quali prospettive per la Siria

Il tentativo del nuovo leader de facto della Siria, Ahmed al Sahara, è, a dir poco, molto difficile. Lo scoglio più grande per lui è la Siria, affamata e divisa in una miriade di gruppi armati con progetti e agende diverse. Ahmed al Sahara incarna già in sé un tentativo difficilissimo al quale si può anche tentare di guardare con una qualche fiducia: è un ex jihadista che poi si è distanziato da quell’integralismo fanatico negli anni in cui ha governato la provincia di Idlib, con l’ausilio indiretto dei turchi. Ora che ha preso il potere in tutto il Paese si può ritenere plausibile che voglia completare questa trasformazione e abbracciare, magari da posizioni religiosamente conservatrici – diciamo così- la costruzione di uno Stato però inclusivo. Diventerà prima di morire un demo-islamico? Nessuno la sa, ma che vada avanti nel processo di cambiamento, anche per calcolo, è possibile. Già questo non è semplice, o non sarebbe poco. Ma siccome lui sa certamente che senza l’aiuto del mondo occidentale e cioè senza un approdo che porti alla rimozione delle sanzioni internazionali, non riuscirà mai a rimettere in piedi il suo Paese e sfamare il suo popolo, sa bene che questa inclusività, questo pluralismo, questa rinuncia all’integralismo dogmatico è la garanzia che deve offrire. Ci si può credere? Forse è meglio dire che “per ora ci si deve credere”, tutti possiamo cambiare, è la vita che ci richiede di farlo, nel modo che gli accadimenti poi determineranno. Ma già immaginare questo in chi lo ha seguito da anni, in chi appartiene al suo gruppo, o ai gruppi che lui ha federato, è molto più complesso. Qui parliamo di persone cresciute in una visione in cui il jihad è tutto e che molto probabilmente vedono in quanto è accaduto, la conquista del potere, l’opportunità per realizzare un progetto rigido, totale.

Per controllare tutto questo meccanismo molto inquietante al Sahara ha proposto lo scioglimento della sua formazione nel nuovo esercito, sottoposto al ministero della Difesa. Del ministro almeno potrà fidarsi. Ma i suoi recalcitrano, è evidente, nonostante qualche passo avanti. E gli altri gruppi? Le altre formazioni soprattutto etniche o confessionali? A loro ha proposto lo stesso percorso, ma sta incassando diversi no, come annunciato in queste ore da una potentissima milizia del sud, sostenuta dai russi, mentre rimane non chiaro il quadro per l’emergenza curda, molto importante perché molto a cuore dei turchi, che avversano curdi, in particolare quelli legati al PKK, che è un partito turco. La soluzione proposta da al Sahara alcuni dicono che starebbe trovando qualche consenso: assorbire i miliziani curdi siriani nell’esercito nazionale, non quelli di origini turche. Ma il meccanismo è contrastato, non facile. Altri problemi di sicurezza esistono e persistono: c’è l’intenzione destabilizzatrice dei nostalgici del vecchio regime, altri gruppi armati che non si fidano anch’essi ad entrare nel nuovo esercito, dove i capi sono del gruppo di al Sharaa. Forse sarebbe il caso di aggiungerne altri, di diversa provenienza: ma anche questo non è facile, per tanti evidenti motivi, a partire dalla fiducia reciproca.

A fare buona guardia delle intenzioni politiche di al Sahara, tenuta politica, sulla creazione di una Siria inclusiva, c’è per fortuna una società civile siriana molto agguerrita, che ha imposto un cammino aperto a tutte le diverse anime del Paese della riscrittura della Costituzione. Al Sahara ha accettato, sebbene all’inizio avesse pensato di risolvere il tutto con una correzione dell’attuale, indigeribile Costituzione, con degli emendamenti scritti e varati dal suo governo provvisorio. Si tratta di una vetrina importante, una grande vittoria di quei comitati che avevano dato vita alla grande protesta del 2011 e ai quali tutti hanno voltato le spalle, ma che sono ancora lì e che non intendono svendere la libertà a così alto prezzo conseguita a progetti diversi dai loro: la democrazia reale, fatta di contropoteri sociali e corpi intermedi. Creare un’assemblea nazionale che rappresenti tutti, scrivere un’agenda, trovare il personale tecnico adeguato, sono passi che richiedono tempo, molto tempo.

Sostenere il nuovo corso siriano allora non vuol dire credere in Ahmed al Sahara ma nel processo che si è in qualche modo avviato e soprattutto non tradire di nuovo questi gruppi di diversa estrazione confessionale, sociale e politica. Qui si vede la nuova Siria che richiede e merita una rapida riduzione delle sanzioni, soprattutto da parte dell’Europa. Un partenariato politico economico tra Europa e Siria è possibile, tra mille incognite: si basa sulla formula “meno sanzioni più condivisione politica”, anche perché sul fronte della sicurezza l’impegno di al Sharaa sarà certamente sostenuto dall’Arabia Saudita, interessata quanto noi alla stabilità, alla sconfitta dell’estremismi jihadista e di altra natura per i propri propositi di conversione economica che richiedono un ambiente che dia sicurezza ai potenziali investitori stranieri. E’ il puntello al processo costituzionale che richiede per alcuni, sembra in particolare per la Germania, il coraggio di cominciare a ridurre le sanzioni, che renderebbe il nuovo leader de facto siriano più attento anche alle convergenze politiche, cioè democratiche, quelle poste dai comitati popolari. Sbrigare i suoi problemi con i suoi sarà affar suo, ma potrà riuscirci mostrando a tutti i siriani qualcosa di concreto.

L’intreccio difficilissimo di esigenze, priorità ed emergenze da affrontare tutte insieme impone di sperare, consapevoli dei pericoli di un’eccessiva fiducia come dei costi di un’eccessiva sfiducia. La Siria, infatti, è un Paese che affaccia sul Mediterraneo, può partecipare a riscrivere le prospettive di tutto il bacino orientale del nostro mare, nella consapevolezza che un successo della trasformazione di questo Paese da un mare di morte a vita nuova potrebbe richiamare in patria miglia di esuli, deportati dal precedente regime, quello degli Assad. Il ruolo dei cristiani, ormai una comunità residuale, può essere proprio questo; facilitatori di una nuova comprensione mediterranea, la sola che potrebbe dar loro un futuro diverso, migliore, adeguato a quella che è la loro storia.

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