Covid 19 e lockdown fanno crescere la pedopornografia. I dati della Polizia postale registrano fra il 1° marzo e il 15 aprile 2020 un incremento delle denunce: 181 tra tentativi di adescamento attraverso la rete e scambio di video e foto di minori, rispetto alle 83 dello stesso periodo del 2019.
Fra didattica a distanza, azzeramento delle attività sportive e dell’intrattenimento fuori casa, e riduzione dei momenti di socializzazione, aumentano – soprattutto per i minori – le ore trascorse davanti a computer, tablet e smartphone e per i cybercriminali si aprono occasioni di attacco attraverso piattaforme di messaging, siti di gaming e soprattutto social network.
Per l’autorità giudiziaria è difficile fronteggiare queste azioni criminali, grazie all’anonimato che il web garantisce agli utenti. Nel mondo della pedopornografia on line circolano soggetti che sistematicamente creano una immagine virtuale di sé. L’obiettivo è individuare la vittima potenziale, studiarne abitudini e personalità mediante il materiale pubblicato e gli interessi dimostrati, contattarla, fingersene amico, guadagnarne la fiducia e in questo modo circuirla.
Sono quasi sempre passaggi dei quali le famiglie non hanno consapevolezza; la scarsa capacità d’utilizzo legata al gap generazionale impedisce agli adulti di conoscere e capire a fondo le abitudini virtuali dei figli. La scuola ha limiti simili: con strumenti spesso non adatti al progresso tecnologico, ancorata a metodologie educative non digitalizzate e informatizzate, finisce per non essere sufficientemente dinamica nel cogliere le sfumature e le trasformazioni dei comportamenti dei giovani, anche per la quasi totale assenza di formazione dei docenti all’uso della rete.
Oltre alle attività già svolte dalle forze dell’ordine, la prevenzione passa da un’efficace campagna di informazione rivolta soprattutto ai minori, nel rispetto della loro maturità, e poi agli insegnanti e a coloro che lavorano a contatto con i bambini o con gli adolescenti. Quanto al contrasto, alla condanna unanime dei reati connessi alle molestie non fa seguito un armonico adeguamento internazionale in termini di collaborazione: vi sono Stati al cui interno taluni di questi reati sono perseguiti con difficoltà o non lo sono affatto, con limiti di collaborazione fra le autorità di controllo o i provider.
Differenze normative importanti, ordinamento per ordinamento, riguardano il trattamento dei dati personali, e perfino la definizione di “maggiore età”, rilevante per identificare il punto di partenza della penalizzazione. Un passo in avanti potrebbe essere un accordo internazionale per il riconoscimento di chi naviga in rete, pur se non pubblico, con un controllo garantito.
Si tratta, mutatis mutandis, di un impegno analogo a quello che ha condotto qualche anno fa a eliminare i siti responsabili della diffusione di video e file in rete in violazione dei diritti d’autore (i famosi Megaupload e Megavideo, che formalmente davano spazio agli utenti per pubblicare i loro video, ma di fatto erano serbatoi per duplicati di film e cd musicali). Una estensione di questa misura contro i sistemi che consentono agli utenti di rendersi anonimi sul web sarebbe certamente seguita da un drastico calo degli abusi in rete.