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Francesco, pellegrino nel cuore dell’Europa

L’Ungheria e la Slovacchia si preparano ad accogliere papa Francesco che a Budapest  concluderà con una solenne celebrazione il Congresso eucaristico internazionale che ha come tema: “Sono in Te tutte le mie sorgenti”.

Si tratta di un pellegrinaggio spirituale nel cuore dell’Europa, chiamata a riscoprire le sue sorgenti cristiane, che inizia con l’adorazione dell’Eucarestia e si conclude con l’invocazione orante alla Madonna Addolorata  in due paesi feriti dai totalitarismi, dove c’è stata la testimonianza di tanti martiri appartenetti alle varie confessioni cristiane e la deportazione di tanti ebrei da parte del regime nazista.

L’eucaristia, che è nel cuore del cristianesimo e al centro della vita cristiana, è il maggiore antidoto contro ogni forma di totalitarismo e di idolatria. L’amore che Dio ci dona gratuitamente è concentrato nell’Eucaristia. L’eucaristia è la memoria vivente che Uno è morto per noi, perché ci amava di un amore infinito. La potenza di Gesù deriva dal suo sacrificio.

Il memoriale non è solo un ricordo psicologico e una memoria soggettiva, ma un fatto un evento che rende presente per noi oggi la morte e la resurrezione del Signore. Il memoriale non è un andare col ricordo dal presente verso il passato, ma un venire del passato attraverso il sacramento verso il presente per attuare oggi la salvezza.

 L’Eucaristia è il memoriale che rende presente per noi ora l’unico sacrificio di Cristo che è nello stesso tempo la vittima e l’offerente. L’eucaristia consiste nel fare il memoriale del corpo offerto e del sangue versato, secondo il comando di Gesù.

Se ogni messa è sempre la stessa in quanto memoriale dell’unico sacrificio del Signore, essa è tuttavia un evento sempre nuovo in quanto coinvolge ogni cristiano nell’offrire se stessi in unione al sacrificio di Cristo. San Paolo: “Completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa”. La Chiesa è tutta legata all’eucaristia: essa vale e si realizza nella misura in cui è capace di celebrare, vivere, essere eucaristia: sacrificio di rendimento di grazie.

C’è un solo Corpo di Cristo glorificato, che si rende presente in ogni luogo. Tutto intero in ciascuna ostia, in ciascun frammento, come il sole viene riflesso da ciascun pezzo di uno specchio infranto. Ma non si tratta di un semplice riflesso o simbolo, ma di tutta la realtà della persona di Cristo che è presente. Cristo non è venuto nel mondo per fare un’escursione, una passeggiata, una gita, un’esperienza di umanità, ma si è fatto uomo per rimanere sempre con noi.

La presenza eucaristica non è un punto o una serie staccata di punti, ma una linea, un amore continuo 24 ore su 24, da duemila anni. Mediante l’Eucaristia il Cristo è realmente presente e noi comunità cristiana siamo realmente presenti al Cristo, gravitiamo attorno al Cristo glorioso, siamo divinizzati e glorificati in lui.

Il Corpo fisico del Cristo è inseparabile dal suo corpo mistico, perché noi che mangiamo un solo pane e beviamo ad un solo calice siamo un solo corpo.

L’essere in comunione col Cristo e con i fratelli non è una fusione mistica che ci sottrae ai nostri problemi quotidiani, ma un aiuto indispensabile per affrontare tutta la nostra vita nella certezza che l’unione con Cristo e per mezzo suo con i fratelli è indistruttibile perché basata non sul nostro sentimento o sui nostri sforzi, ma innanzitutto nel dono totale di Cristo agli uomini e sul suo amore senza limiti, che si rendono presenti nel mistero eucaristico.

Se dunque il corpo di Cristo applicato alla comunità ecclesiale riguarda sempre il corpo fisico del Cristo, la Chiesa non è altro che questo legame mistico del cristiano, di tutta la sua realtà, non solo spirituale ma anche corporea, col corpo del Cristo.

L’Eucarestia “ha con la Chiesa un rapporto come tra causa ed effetto, tra mezzo e fine, tra segno e realtà”.  II pane consacrato è veramente per essi il corpo di Cristo, però quello che anzitutto vedono in questo pane è la figura, il simbolo della Chiesa. Prendono un chiaro senso allora le varie formule “essere in comunione”, “comunione dei santi”, “scomunica”: infatti come la comunione sacramentale è sempre nello stesso tempo comunione ecclesiastica, così la comunione ecclesiastica comporta sempre nella sua forma piena, anche la comunione sacramentale: “Essere in comunione con qualcuno significa ricevere insieme a lui il corpo del Signore.” “Communio sanctorum”. La comunione con Cristo, con le cose sante, rende possibile la comunione fra noi, la comunione fra i santi.

C’è un rapporto strettissimo tra Eucaristia e impegno sociale, come ha detto Giovanni Paolo II  a Messina nel discorso ai giovani dell’11 giugno 1988:

“(…) Avviene così che la sollecitudine della carità si salda con l’esperienza di Dio vissuta nella liturgia quasi in un moto pendolare, che sospinge dal cuore del mondo all’altare e viceversa. Ci si immerge nei problemi del mondo con la forza della carità attinta da Cristo nella liturgia; e si ritorna a celebrare l’Eucaristia portando all’altare i problemi e le ansie, le gioie e i dolori dei fratelli incontrati lungo le strade del mondo”.

Eucaristia e missione siano inscindibili, perché la prima è “il memoriale dell’offerta redentrice di Gesù al Padre per la salvezza degli uomini”. Attraverso il sacrificio sulla Croce, Gesù “fa l’Eucaristia, rende cioè grazie al Padre”, e questo mistero chiede a noi di “rendere grazie con Cristo al Padre, non tanto con le parole quanto con la nostra stessa vita unita alla Sua”.

“Non c’è quindi autentica celebrazione ed adorazione dell’Eucaristia che non conduca alla missione”,  la missione presuppone un altro “essenziale tratto eucaristico: l’unione dei cuori”.

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