I cosiddetti decreti Ristori, nell’immaginario collettivo, dovrebbero servire a dare un po’ di fiato a chi ne è rimasto a corto. E le categorie economiche sono tante. In realtà i provvedimenti varati dal governo, che saranno chiusi con il voto di fiducia entro venerdì a Montecitorio, mentre la manovra è slittata a lunedì, rappresentano una sorta di camera di compensazione fra gli interessi degli azionisti della maggioranza che sostiene il governo Conte.
Prova ne è il fatto che, tra sabato e domenica, la commissione guidata da Fabio Melilli dovrà cimentarsi in un vero e proprio tour de force per votare le centinaia di emendamenti accantonati. Su alcuni temi si profilano delle soluzioni, a partire dalla nuova soglia per i contratti di espansione, che scenderebbe a 250 dipendenti rappresentando un “paracadute” anti-licenziamenti per le imprese. In arrivo poi un fondo da circa 1 miliardo, come annunciato dal ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, per dare forma a quella sorta di “anno bianco” per gli automi lanciato da Di Maio, con l’esonero “in tutto o in parte” dai contributi per autonomi e professionisti con “importanti cali di fatturato” causa Covid e redditi non oltre i 50mila euro.
A fronte di questa indicazione salta la patrimoniale, odiata un po’ da tutti, con il ritiro degli emendamenti di LeU che, però, preannuncia l’intenzione di ripresentarli, così come sembrerebbe tramontata anche l’ipotesi di una liberalizzazione della cannabis light mentre sarebbe ancora aperta la discussione sulle norme per agevolare le aggregazioni, che aiuterebbero anche Mps. Sugli incentivi per l’acquisto delle auto, l’intesa di massima prevede una riedizione degli ecoincentivi già finanziati quest’anno, distinguendo però tra ibride/elettriche e le Euro 6, che sono anche a benzina e diesel.
Secondo lo schema individuato dalla commissione Attività produttive, saranno stanziati 420 milioni: 120 milioni saranno dedicati alle auto green, 250 milioni alle Euro 6 e 50 milioni per il ricambio dei veicoli commerciali. Per le auto a basse emissioni (da 0 a 60 g/km di Co2) si confermerebbero quindi gli incentivi gia’ previsti che, con rottamazione e sconto del venditore, possono arrivare fino a 10 mila euro. Per le Euro 6, con emissioni da 61 e 135 g/Km di Co2 (finora il massimo era 110 g/km), il nuovo sconto dovrebbe valere per i primi sei mesi del 2021 e arrivare a 3.500 euro (1.500 dello Stato e 2 mila del venditore), sempre a fronte di rottamazione di auto vecchie almeno 10 anni. Insomma, una partita complessa e articolata fra le varie anime della maggioranza, che dovranno comunque trovare una sintesi.
Nel frattempo, però, ci sono le altre partite aperte legate alla manovra, vera cartina di tornasole della tenuta della maggioranza. Come quella sulle auto, con tanto di scontro totale sul superbonus. Insomma, le difficoltà della coalizione che sostiene Conte nel trovare un accordo complessivo sulle modifiche rallentano i lavori della manovra e costringono la commissione a una corsa nel weekend per tentare di chiudere entro lunedì, quando si dovrà arrivare in Aula. Se si è riusciti a trovare la quadra sui nuovi ecoincentivi per le auto, che andranno anche alle euro 6, tra M5S e Pd volano parole grosse sulla proroga dello sconto del 110% per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici, che i primi vorrebbero fino a tutto il 2023.
Impossibile però, fanno sapere dal Mef, andare già ora oltre il 2022 perché per un anno in più servirebbero 10 miliardi che andrebbero trovati o tagliando altre spese oppure rivedendo altri capitoli del Recovery. Operazione altrettanto impossibile perlomeno fino a quando non sarà chiusa la partita della distribuzione complessiva delle risorse. “Incomprensibile opporsi”, tuona il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mentre il sottosegretario alla presidenza Riccardo Fraccaro si appella alla necessità di “uno sforzo collettivo” per venire incontro a una richiesta che viene da tutti, “parti sociali, forze politiche di maggioranza e opposizione, cittadini”.
Se per Di Maio il superbonus era così dirimente “doveva dirlo in Consiglio dei ministri” indicando “quali tagli applicare per trovare le risorse necessarie”, replica secco il vicesegretario Dem Andrea Orlando. Peraltro “nel lavoro parlamentare – ricorda il capogruppo in commissione Ubaldo Pagano – per ora siamo riusciti ad ottenere una proroga per tutto il 2022 grazie a un lavoro serio e approfondito”.
Al momento si lavora quindi, come fanno sapere da ambienti del Mef, a una proroga di 6 più 6 mesi, fino al primo gennaio 2023, con gli ultimi sei mesi per consentire il completamento dei lavori a chi abbia già fatto 2 dichiarazioni di Stato avanzamento lavori, mentre per i soli edifici Iacp (le case popolari) la proroga arriverebbe a metà del 2023. Al netto dei palleggiamenti tecnici è chiaro a tutti un dato: questa maggioranza assomiglia ad un vero e proprio rebus, dove ogni giorno c’è da trovare la soluzione. E non è certo quello che serve al Paese.