Nessuna legge di bilancio, o manovra che dir si voglia, è un’impresa facile. Per nessun governo. E anche l’esecutivo Meloni non sfugge a questa regola. Tant’è che dal canone Rai fino alle banche passando per la giustizia, resta alta la tensione in maggioranza. Il vertice andato in scena domenica sera a casa della premier Giorgia Meloni incentrato sulla finanziaria non sembra aver prodotto l’effetto desiderato. Nella nota congiunta diffusa, e pubblicata anche sul sito del governo, si metteva in risalto il “proficuo incontro” e “la piena condivisione di vedute”, eppure nel centrodestra non mancano le frizioni su diversi dossier.
A provare a gettare acqua sul fuoco è il capogruppo di FdI Tommaso Foti che respinge le ricostruzioni “che raccontano di una maggioranza spaccata, alle prese con lotte intestine e fratture interne”. “Qualsiasi divergenza su elementi marginali verrà appianata senza dubbio”, è la convinzione di Foti. In attesa di aprire in Parlamento il capitolo delle modifiche alla manovra, resta il fatto che ad esempio il nuovo dl giustizia, che contiene anche norme in materia di cybersicurezza che non convincono appieno FI, in meno di un mese è stato annunciato per due volte all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri e per due volte l’esame è stato poi rinviato. Nel primo caso, a fine ottobre, lo slittamento fu deciso per l’assenza del Guardasigilli Carlo Nordio mentre ieri sono state le defezioni in Cdm dei ministri di FI a provocare il cambio di programma. Frizioni tra alleati si registrano poi sull’emendamento per confermare il taglio da 90 a 70 euro del canone Rai anche nel 2025 inserito nel dl fiscale che è all’esame della Commissione Bilancio del Senato.
La Lega tira dritto dopo averlo “promesso agli italiani”, mentre in FI non mancano le perplessità. E anche sul dossier banche le visioni non coincidono. Da un lato c’è Antonio Tajani che, a proposito della vicenda Banco Bpm-UniCredit, afferma di essere “per il libero mercato. Non tocca me intervenire politicamente sulla vicenda”. “Poi bisogna verificare se quello che viene fatto rispetta le regole – sottolinea il vicepremier e segretario di FI – tocca alla Bce verificare. La politica non deve immischiarsi in queste vicende”. Anche per il presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi, “l’intervento dello Stato sarebbe un’anomalia. Lo Stato ha il fondamentale ruolo di vigilanza ma non può essere il deus ex machina di operazioni che devono rispondere esclusivamente a logiche di libero mercato, nell’interesse di tutti, azionisti e risparmiatori in primis”. Diversa la posizione dell’altro vice di Meloni, Matteo Salvini, che ieri sul tema aveva invece tirato in ballo la Banca d’Italia (“Che fa, che dice, vigila?”) e oggi afferma: “Non ce l’ho con nessuno, basta che non si metta in discussione il terzo polo che sta nascendo”. E a proposito di Bankitalia, la Lega sempre oggi ha annunciato di aver depositato alla Camera una propria proposta di legge sull’adeguamento della governance ai migliori standard europei. “Come dimostrano le esperienze degli altri Stati membri un coinvolgimento del Parlamento è indispensabile per evitare una pericolosa autoreferenzialità della vigilanza”, le parole del vicepresidente della commissione Finanze e responsabile del dipartimento Economia del Carroccio, Alberto Bagnai.