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Le parole importanti non vengano disperse nell’aria

Foto di Sven Brandsma su Unsplash

Ci sono parole che non si disperdono nell’aria, ma restano. Si insinuano nella mente e nel cuore, spingono a riflettere, talvolta a cambiare prospettiva. Il recente intervento di Roberto Benigni è stato esattamente questo: un momento alto, capace di parlare a generazioni diverse, di ricordare ai giovani e agli adulti la necessità di conoscere, capire e, soprattutto, non dimenticare.

Per i più giovani, la narrazione di Benigni è stata un invito caloroso a riscoprire la storia, a guardare oltre la superficialità e i messaggi effimeri dei social. La storia non è un capitolo chiuso sui libri di scuola, ma un campo vivo, un insieme di insegnamenti indispensabili per orientarsi nel presente e costruire il futuro. Senza memoria non c’è consapevolezza, senza consapevolezza non c’è libertà.

Per gli adulti, quelle parole hanno rappresentato una sorta di “rialfabetizzazione civica”. Una spinta a riscoprire il senso delle cose, a riappropriarsi di un sapere forse dato per scontato, spesso archiviato con l’illusione che le difficoltà e i pericoli fossero ormai alle spalle. Ma la democrazia è fragile, va coltivata ogni giorno. E Benigni, con la sua intelligenza e la sua ironia, ha saputo ricordarcelo, offrendo un messaggio che è insieme monito e speranza.

In questo scenario, fa male constatare quanto la famiglia, la scuola, le associazioni culturali e politiche abbiano smarrito la loro funzione educativa. Hanno abdicato, lasciando spazi vuoti dove invece dovrebbero esserci conoscenza, dialogo, confronto. Proprio in questo vuoto si infilano le semplificazioni, i populismi, le nostalgie autoritarie.

La parte più forte, più visionaria, del discorso di Benigni è stata però l’appello agli Stati Uniti d’Europa. Non un sogno retorico, ma un’idea concreta, forse l’unica possibilità per garantire ai popoli europei di mantenere la propria cultura, la propria democrazia, il benessere, la libertà e l’indipendenza. Un progetto necessario in un tempo in cui i sovranismi si fanno sempre più aggressivi, attratti da modelli autocratici che minacciano i valori fondanti dell’Unione.

Preoccupa, inoltre, che a contrastare questo progetto non siano solo i nazionalismi, ma anche alcune forze della sinistra che, per un singolare paradosso, si ritrovano di fatto allineate a quelle stesse spinte straniere che lavorano contro l’Europa.

La battaglia è ormai aperta. E decisiva. In Europa e in Italia serve un fronte comune, capace di andare oltre le alleanze di oggi e di domani, per unire tutti coloro che credono nell’Europa: popolari, liberaldemocratici, riformisti, progressisti autentici. Solo così si potrà proteggere la nostra civiltà democratica e offrirla, intatta e rinnovata, alle generazioni future.

E allora, sì, evviva Benigni. Perché in un’epoca in cui le parole spesso svaniscono senza lasciare traccia, le sue restano, vibrano e ci chiamano a una responsabilità collettiva. Una responsabilità che non possiamo più eludere.

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