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Le “paghette” di Matteo

Matteo Renzi ci riprova, ed annuncia in un tempo cruciale della vita politica italiana altri 80 euro per chi già li ha avuti ed anche per altri. Si sa, siamo prossimi alla scadenza elettorale per amministrazioni strategiche per la politica come i rinnovi dei consigli comunali di Napoli, Roma, Milano e successivamente il referendum sulle riforme elettorali. Promette ai 10 milioni di italiani, che hanno un reddito di lavoro pari a 1.500 euro mensili, di poterli ottenere nuovamente una tantum, dice di darli ai pensionati con minimo di pensione e lascia intendere di estenderli anche a coloro che servono il paese con una divisa.

Francamente, al punto in cui si è arrivati, e nella considerazione dei livelli di tassazione records mai raggiunti nel nostro paese, non si comprende del perché non si faccia una operazione di diminuzioni generale delle tasse. Risulterebbe più giusto e trasparente.
Peraltro le prime 80 euro, che sono stati solo 54 euro medi, hanno avuto il sapore di una operazione elettorale, e si ha la impressione che la si voglia ripetere, per la clamorosa resa elettorale delle elezioni dei parlamentari europei.
Non si comprende perché si sono abbandonate le leggi delega sul fisco per una revisione profonda dei decrepiti ed iniqui sistemi che lo regolano, e si continua con una politica di promesse a favore ora di questi ora di quelli. Ad esempio, ai lavoratori si danno 80 euro, ma poi le tasse aumentano loro su altre voci del loro bilancio familiare, come l’ingiustificabile raddoppio delle tasse sui fondi di previdenza.

Alle forze dell’ordine si promettono vantaggi, mai i loro contratti sono molto più magri del passato; gli straordinari non gli sono pagati, e le ristrettezze imposte dall’esecutivo, colpiscono ogni mezzo utile alla efficacia del loro servizio.
Anche ai pensionati minimi, sarebbe molto meglio offrire loro più servizi ed assistenza dei livelli scadenti ed insufficienti odierni. Ma la condizione più necessaria da raggiungere per tutti gli italiani, riguarda la cura per la economia, che è e rimane l’unica soluzione per uscire dalla penuria di risorse della lunga stagione di crisi italiana.

Il Governo fa bene a cercare il consenso popolare per la propria stabilità, ma deve ottenerlo con strategie economiche generali mirate alla ripresa concreta delle produzioni di beni e servizi, con il risparmio sulla spesa pubblica improduttiva, con la revisione dei costosi apparati amministrativi, con il recupero della evasione ed elusione fiscale.

Infatti è sempre più impellente dare una svolta alla condizione misera economica capovolgendo linee e strategie pubbliche. Al contrario, governi per mantenere il consenso continueranno a promettere mance e magari ad incoraggiare la invidia sociale tra i vari cittadini ricorrendo al depistaggio del dibattito pubblico. Abbiamo imparato a nostre spese che la nostra classe dirigente se non ha dimostrato perizia nel muovere le leve della economia, ha dimostrato abilità elevate a sviare le attenzioni della opinione pubblica su cose futili e secondarie pur di nascondere responsabilità e verità.

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