Uno schiaffo all’intelligenza. Eh sì, tutto questo grande strapparsi le vesti per il funerale del boss Casamonica rasenta il ridicolo. Consentitemelo. Ora, dopo l’inchiesta di Mafia Capitale, è tutto un gran gridare sulla criminalità organizzata che ha infettato la Città eterna. Politici, intellettuali e anche giornalisti sembrano appena usciti da un lungo sonno. Le infiltrazioni mafiose a Roma sono storia vecchia. Almeno di trent’anni, da quando la banda della Magliana fece affari con camorra, ‘ndrangheta e mafia per consolidare il suo dominio nella città.
In quel tempo le diverse mafie capirono che Roma era città di conquista. Luogo per affari, per consolidare alleanze internazionali (a Roma, a piazza Navona, furono arrestati dallo Sco della Polizia e dalla Dea americana boss dei cartelli colombiani, e siamo a metà degli anni Novanta). Ma soprattutto la Capitale era luogo per investire. Michele Zazza, Pippo Calò furono gli antesignani di questo business e parliamo di anni lontani, del secolo scorso. Via via le inchieste di polizia e carabinieri e soprattutto della Guardia di Finanza hanno messo in luce il reticolo di affari che la criminalità organizzata andava costruendo nella capitale. Giri di miliardi prima in lire poi in euro. Un grande riciclaggio dei contanti frutto dei traffici illegali. Sequestri e operazioni dell’Antimafia hanno riempito i giornali e le tv per anni. Ora tutti a gridare allo scandalo.
Anche i parlamentari dell’Antimafia quelli che chissà quante volte hanno sorseggiato un caffè al bar d’angolo di via della Colonna Antonina di fronte a Palazzo Chigi e a pochi passi da Montecitorio. Il bar chiuso e sigillato dieci volte negli ultimi vent’anni perché – secondo i magistrati – gestito dalla ndrangheta e sempre riaperto. Il Cafè de Paris, alcuni ristoranti dietro il Pantheon, i palazzi di piazza di Spagna e della Camilluccia, supermercati. Un elenco senza fine che la Dia aggiorna di continuo, sequestra, confisca e poi chissà come tutto torna come prima.
E poi questo scandalo sul clan Casamonica. Le indagini delle forze di polizia non si contano, eppure questi signori continuano a controllare materialmente uno spicchio di città tra la Romanina e l’Anagnina. Ville lussuosissime, negozi e affari che – dicono le inchieste – vanno dallo spaccio di droga, all’estorsione all’usura. Ebbene sono ancora lì. La prima volta che sentii parlare dei Casamonica come di una famiglia malavitosa erano il 1983. Mi domando: ma i processi seguiti alle tante inchieste come sono finiti? Possibile che dopo anni e anni non sia cambiato nulla?
Un dato c’è: oggi tutti a puntare il dito contro Roma, ma in questi anni quando associazione di cittadini, forze dell’ordine e magistrati lanciavano l’allarme della presenza mafiosa di alto livello dove erano? Forse seduti sul divano a guardare Romanzo criminale.