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Imposta di successione: quell’aumento che non s’ha da fare

In questi giorni si è accesso un nuovo dibattito intorno all’imposta di successione per la proposta di innalzarla su eredità e donazioni superiori ai 5 milioni di euro, cosa che colpirebbe circa un 1% degli italiani, finalizzata, almeno sulle infografiche diffuse sui social, a finanziare una “dote” da destinare a una parte dei giovani italiani per poter sostenere le spese sia per l’istruzione superiore sia per un eventuale lancio di un’attività imprenditoriale. A parole sembrerebbe un principio di equità ma, a tutti gli effetti, si tratta della solita proposta populista a mero scopo propagandistico e vediamo il perché.

La base del ragionamento è che il livello attuale dell’imposta in questione veda l’Italia, stranamente, come il Paese più conveniente in tutta Europa poiché qui l’imposta, applicata sulle successioni e le donazioni superiori al milione di euro è “solo” del 4% mentre in altri stati arriva quasi alla metà del valore; a titolo di esempio, infatti, si può citare la Germania che applica un’aliquota del 30%, la Spagna con un 34% per arrivare alla Francia con un 45%.

Qualcuno potrebbe dire “eh, l’Italia è un paradiso fiscale” ma sarebbe una mera battuta perché nonostante questa imposta sia complessivamente ridotta la pressione fiscale nominale resta tra le più alte non solo del continente ma di tutto il mondo cosa che, unita alla complessità del sistema impositivo, potrebbe avvicinare la penisola più a un inferno fiscale che a un paradiso.

Bisogna far presente, inoltre, che un’imposta di successione sia, di fatto, un balzello sulla morte poiché va ad applicarsi agli eredi e calcolata su una grandezza già ampiamente tassata in fase di accumulo e di conservazione perché, nonostante quanto affermi una certa retorica sull’evasione fiscale, non esistono “evasori totali” soprattutto sui patrimoni che se immobiliari, come nella maggior parte dei casi, sono sottoposti a diverse voci di prelievo fiscale, dall’IMU alla TARI, alle imposte sull’energia per alimentarli alle imposte di registro e ipotecaria/IVA in caso di acquisto, e se mobiliari all’imposta di bollo, pari allo 0, 2% annuo (che è di fatto una patrimoniale), e a una delle più elevate tassazioni sul capital gain in occidente.

Ora, seguendo una certa retorica pauperistica tipica di certe fazioni politiche l’idea di imposte patrimoniali, come di fatto sarebbe anche l’imposta di successione, sarebbe una questione di equità per permettere una redistribuzione del reddito a vantaggio delle fasce meno abbienti della popolazione ma, di fatto, non è così.

A parte le cosiddette lump sum taxes, le imposte a importo fisso come l’imposta di registro, tutte le tipologie di prelievo hanno degli effetti distorsivi che andrebbero in un qualche modo limitati. Il principale, dal lato fiscale, è l’effetto reddito.

Questo perché ogni imposta va ad agire sul reddito dei pagatori riducendolo, sia che la base di calcolo sia il reddito stesso sia che questa sia il patrimonio posseduto; nel secondo caso, infatti, se l’imposta superasse il reddito annuo, magari per un’eredità cospicua come una villa di prestigio, per poterla pagare o si va a intaccare il risparmio, su cui si sono già pagate le imposte in fase di accumulo, o si accende un debito, generando quindi un costo ulteriore che è la servitù dello stesso, oppure si deve liquidare, in parte o in toto, il patrimonio esistente per poterla pagare.

È evidente che, stante il fatto che la forma di risparmio più diffusa nel Paese sia l’investimento immobiliare ed essendo questo un mercato non liquido, si potrebbe andare a creare un problema non banale che potrebbe sfociare, nei casi estremi, alla rinuncia al lascito con degli evidenti e ingiusti danni a livello patrimoniale e, perché no, personale che ne conseguirebbero.

Il fisco è una materia complessa, perché non è mera contabilità nazionale ma ha, come velocemente descritto qui sopra, effetti diretti e misurabili su tutta l’attività economica addirittura spingendo o modificando certi comportamenti. Questo è quello che viene chiamato “effetto sostituzione” cioè il cambiamento delle proprie scelte di consumo e investimento per minimizzare il “costo fiscale” e massimizzare la propria utilità personale.

Nel corso dell’800 un autore molto citato soprattutto in ambito liberale, Frédéric Bastiat, parlò proprio del “patrimonio preda” come obiettivo di quella che chiamava “spoliazione legale” cioè l’utilizzo della legge, da parte dei governi, per prelevare risorse dai cittadini e dalle aziende per redistribuirli ad altri.

L’idea di Bastiat è estrema, ovviamente, perché inserita in un contesto di speculazione intellettuale a sfondo libertario ma è la perfetta descrizione di quanto certe forze politiche propongono con l’introduzione di nuove imposte per creare consenso elettorale, invece che razionalizzare ed efficientare la spesa pubblica che dovrebbe finanziare i servizi necessari alla comunità (compreso il welfare, non dimentichiamolo) per lasciare più risorse per gli investimenti e i consumi.

Questo, ad esempio, è stato il senso dell’aumento delle accise sui carburanti per finanziare il rinnovo del CCNL degli autoferrotranvieri nel 2004 (quando sarebbe stato più equo, in caso, agire sui prezzi dei trasporti, in caso) oppure dei contributi per le energie rinnovabili inseriti per via fiscale nelle bollette.

Nello stesso solco, ovviamente, rientra questa proposta relativa all’aumento dell’imposta di successione per finanziare la “dote” a una parte dei 18enni italiani.

Facendo i conti della serva, però, oggi l’imposta di successione ha un gettito di circa un miliardo di euro, un terzo circa di quello necessario a finanziare il progetto abbozzato ma se la cosa dovesse colpire solo le successioni oltre i 5 milioni di quanto dovrebbe essere l’aumento?

L’idea presentata sarebbe di quintuplicare l’aliquota esistente sopra i 5 milioni, portandola al 20%, che, in verità, alla fine non sarebbe neanche un’imposta mostruosa se…

Ecco qui entra il “se” che si riferisce al fatto che, come già detto, la maggior parte delle eredità di quelle dimensioni si riferiscono a immobili o al passaggio delle aziende ai figli (se non fossero società di capitali, ovviamente) poiché nel caso di altri tipologie di beni mobili l’elusione della norma sarebbe molto agevole, come già capita nel resto del mondo laddove l’imposta sia molto elevata.

Aumentare in questo modo l’imposta potrebbe avere effetti non preventivati come l’aumento dell’indebitamento della popolazione che non abbia liquidità sufficiente per pagarla, in caso di un evento luttuoso, senza avere, poi, alcun beneficio verso quei giovani che, invece, dovrebbero beneficiarne poiché per permetter loro di intravvedere un futuro più roseo occorrerebbero, invece, meno tasse, meno burocrazia, servizi più efficienti e mercati più fluidi, non solo quello del lavoro ma anche quello immobiliare per permettere una maggiore mobilità se necessaria, ma questo pare sia ben oltre la ridotta visione di qualcuno.

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