In tempi normali sarebbe un dettaglio. Ma in tempi speciali, come quelli che stiamo vivendo, è un particolare importante. Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto una conversazione telefonica con il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Al centro del colloquio, ovviamente, gli ultimi sviluppi della crisi in Ucraina. Se il capo del governo abbia chiesto all’ex inquilino di Palazzo Chigi pareri o consigli, se non addirittura un impegno personale, difficile da dire. La liturgia politica di queste ore impone una certa riservatezza. Ma è chiaro che il premier sa di poter contare sull’esperienza del magnate italiano, in particolare sulla sua conoscenza personale di Putin.
Certo, non è detto che il leader di Forza Italia sia in grado intervenire, facendo sentire la propria voce al Cremlino, sempre ammesso che lo Zar alzi la cornetta per rispondere, all’amico (ex direi, ormai) Silvio. Gli scenari attuali sono radicalmente diversi, per non dire diametralmente opposti, da quelli affrontati dal Cavaliere quando aveva in mano le chiavi di Palazzo Chigi. Ma qualcosa Berlusconi potrà pur sempre aver “consegnato” a Draghi, foss’anche il solo sostegno di Forza Italia. Del resto il premier, nelle prossime ore, dovrà anche affrontare gli effetti della riunione, convocata in videoconferenza, dei capigruppo, in commissione Esteri di Camera e Senato, di maggioranza e opposizione per fare il punto sulla risoluzione parlamentare sull’Ucraina da votare martedì dopo le comunicazione del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Il tentativo, viene riferito, è quello di trovare un accordo su un testo unitario.
Perché la politica di casa non può certo presentarsi sugli scenari internazionali con posizioni diverse fra loro, ricalcando lo schema con il quale viene tenuta in fibrillazione la maggioranza che sostiene l’esecutivo. Non a caso “la Lega vuole la pace, lavora per la pace, prega per la pace. Che tristezza le polemiche politiche di qualcuno”, tuona il capo del Carroccio, Matteo Salvini, “pochi per fortuna, anche di fronte a guerra e morte. Piena fiducia in Draghi e nel governo per fermare, con ogni intervento e aiuto necessario, l’aggressione russa, le bombe e il sangue. Ucraina e Russia parlano di dialogo e incontri diplomatici, questa è la via“. A innescare la polemica, però, era stato lo stesso leghista. Ospite di Lucia Annunziata, su Rai Tre, il leader della Lega aveva espresso forti dubbi sulla fornitura di armi all’Ucraina, provocando la stizzosa reazione del Pd e di un pezzo di Forza Italia. Da qui la correzione di rotta e il messaggio distensivo. Nel segno dell’unità d’intenti.
In base al decreto approvato da Palazzo Chigi venerdì scorso, l’Italia fornirà all’Ucraina “equipaggiamenti per la protezione individuale e più in generale della popolazione civile dagli effetti del conflitto in atto”. In pratica giubbotti antiproiettile, elmetti, ma anche dispositivi per rilevare ordigni. Dunque in logica di protezione. Ma non c’è solo il giardino tricolore a determinare la partita.
“Mentre la guerra in Ucraina infuria e gli ucraini combattono coraggiosamente per il loro paese, l’Unione europea rafforza ancora una volta il suo sostegno all’Ucraina e le sanzioni contro l’aggressore, la Russia di Putin. Per la prima volta in assoluto, l’Unione europea finanzierà l’acquisto e la consegna di armi e altre attrezzature a un paese sotto attacco. Questo è un momento di svolta”, afferma la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, con una dichiarazione videotrasmessa a Bruxelles, insieme all’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue. Borrell ha aggiunto che si aspetta che i ministri degli Esteri, approvino le due misure d’emergenza che ha proposto “per finanziare la fornitura di materiale letale all’esercito ucraino”, oltre al materiale non letale come carburante, dispositivi di protezione personale e forniture mediche urgenti, attraverso il fondo del “Dispositivo europeo per la pace“. “Un altro tabù è caduto. Il tabù secondo cui l’Unione europea non forniva armi in una guerra” chiosa Borrell.
Eppure vorremo poter registrare lo stesso impegno sul piano diplomatico, in modo da tenere sempre aperta, e libera, la strada della diplomazia, della pace senza la guerra. “L’Italia dà il suo pieno e convinto appoggio al pacchetto di misure contro la Federazione Russa presentato dalla Commissione Europea”, sottolinea il presidente del Consiglio, volendo chiudere ogni polemica, “l’aggressione dell’Ucraina è un atto barbaro e una minaccia per tutta l’Europa. L’Unione Europea deve reagire con la massima fermezza”. Dunque il muro contro muro, a qualsiasi livello, fra favorevoli e contrari, paventato da qualcuno, non può permetterselo nessuno: l’Europa, il nostro il Paese, figuriamoci il governo Draghi, chiamato ad affrontare le novità in materia di energia per rendere più flessibile il sistema.
Di questo dovrebbe occuparsi il Consiglio dei ministri, convocato per lunedì 28 febbraio. Si tratta di una norma, attivabile in caso di emergenza, che consente di poter fare ricorso a fonti alternative, nella produzione di energia elettrica. Il meccanismo, secondo le prime indiscrezioni, si attiverebbe solo in caso di emergenza, nell’eventualità di una mancanza di gas o di un eccessivo aumento dei prezzi. “Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”, aveva detto il premier Draghi nell’informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina.
Nel frattempo il Mite ha attivato il cosiddetto stato di preallarme sulle forniture di gas “considerando che il livello di pericolosità della minaccia alle forniture è sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto nelle analisi di rischio svolte in passato”. Al momento tuttavia le forniture dalla Russia continuano ad essere regolari come prima dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Inoltre il colosso russo del gas, Gazprom, ha reso noto che intende continuare a rifornire i propri partner di gas. I timori sono legati a eventuali ritorsioni da parte russa sulle forniture in seguito alle pesanti sanzioni economiche decise ieri in ambito G7 tra cui il blocco del meccanismo dei pagamenti Swift per alcune banche russe e il congelamento degli attivi della Banca centrale della Russia con il conseguente blocco delle transazioni e l’impossibilità di liquidare gli asset detenuti in valuta estera.