Ogni anno l’11 febbraio si celebra la “Giornata Mondiale del malato”, istituita nel 1992 da Giovanni Paolo II (1978-2005) un pontefice che aveva vissuto in prima persona l’esperienza della malattia, voleva dedicare un giorno speciale alla riflessione sulla sofferenza umana e alla promozione della cura dei malati.
Questa data coincide con la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, un luogo di pellegrinaggio molto importante per i malati, basterebbe ricordare i numerosi treni cosiddetti “bianchi”, che si recano con il loro carico di malati verso la cittadina francese, conosciuta in tutto il mondo per le numerose guarigioni miracolose che vi si sono verificate. Questa particolare e singolare “Giornata” è un’occasione per riflettere sul senso della malattia, sulla dignità di ogni persona malata e sul ruolo della comunità cristiana nel prendersi cura dei sofferenti.
È anche un momento per pregare per i malati, per famiglie e per tutti coloro che si prendono cura di loro, inoltre, proprio questa “Giornata” ha anche lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica per quanto riguarda l’importanza di assistere i malati, di promuovere la ricerca medica e di migliorare le condizioni di vita di coloro che sono affetti da malattie.
Papa Francesco nel messaggio di questa XXXIII “Giornata Mondiale del Malato”, ricorda che tutta la Chiesa ci invita a farci “pellegrini di speranza”, in questo ci accompagna la Parola di Dio che attraverso San Paolo, dona a tutti e a ciascuno un messaggio di incoraggiamento: “La speranza non delude, anzi ci rende forti nella tribolazione”. E’ perfino inutile, ma è doveroso ribadire che una persona non si può identificare con la propria malattia, ma ogni singolo individuo deve essere trattato con rispetto e dignità sempre. Chi sta male non può assolutamente vivere soltanto di cure e di medicine. Diventa importante e fondamentale, quindi, nella sofferenza, la presenza dell’altro, una voce amica e il calore umano possono aiutare a curarsi meglio, a vivere questo momento, lungo o breve che sia, con più serenità.
Il ministro per le disabilità Alessandra Locatelli, parlando della “Giornata” ha detto tra l’altro, che, Papa Francesco in occasione di questa ricorrenza, ha citato una frase della Sacra Bibbia, “Non è bene che l’uomo sia solo”, e “colgo l’occasione per abbracciare di cuore tutti coloro che si prendono cura dei propri cari in qualsiasi situazione e anche per ringraziare chi lo fa per mestiere e lo fa con pazienza, dedizione e amore”. Questa “Giornata” dovrebbe servire a far comprendere che tutti hanno diritto a cure adeguate e di qualità, indipendentemente dalle loro condizioni economiche, culturali o sociali.
Tutti noi facciamo parte di una comunità, grande o piccola che sia, essa ha un compito e un ruolo fondamentale nell’assistenza ai malati, e così è necessario la continua collaborazione della famiglia, degli amici, dei tanti volontari e soprattutto delle istituzioni, al fine di creare un vero ambiente accogliente e solidale. Purtroppo non sempre è così, a volte anche un semplice sorriso rende le giornate della degenza in un ospedale, meno faticose, per chi è già sottoposto a vivere lontano dalla propria casa.
E’ giusto dare importanza a quanti dedicano il proprio tempo libero, recandosi a trovare a chi soffre in un letto di ospedale essi, volontari, associazioni o singole persone, mettono in pratica una delle sette opere di misericordia corporali: “Visitare i malati”, potremmo aggiungere che l’ammalato ovunque si trovi, bisogna visitarlo, stargli vicino, dargli conforto e riconoscendogli una priorità di affetti. Questo per il credente, e il cristiano in particolare è un dovere, ricordiamoci di una persona che soffre, è un invito che deve valere non solo in questo giorno.