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Eutanasia la peggior ingiustizia che ci sia

La funzione primaria delle leggi è quella di proteggere i deboli dalla prevaricazione dei più forti. Democrazia è innanzitutto tutela in base ai bisogni, senza discriminazioni. La mancata erogazione di cure palliative, pur previste dalla legge, possono indurre alla disperazione,anche a chiedere la morte. Più spesso sono i parenti ad invocarla, più impreparati a gestire la sofferenza del paziente stesso.

Ero al capezzale di un’amica. Secondo i medici le restavano poche ore di vita. Era molto arrabbiata. Si riprese un po’, così nei giorni successivi ebbe modo di rasserenarsi ed accogliere la morte, ormai inevitabile, con grande pace. Mi colpì la disinvoltura con cui un parente le presentò una serie di carte da firmare. Era un impiegato di banca e disse che si trattava di un aggiornamento della privacy. Tuttavia fra quei molti fogli notai una disposizione di prelievo in bianco. Capii così quanto sia facile estorcere una dichiarazione di volontà ad una persona ammalata.

Per questo ci sono disposizioni di volontà che non possono essere accolte in quanto violazione di diritti umani fondamentali. Così un contratto di lavoro è nullo se viola le disposizioni di legge ma il rapporto di lavoro esiste ai fini della legge anche senza un contratto sottoscritto dalle parti.

Il diritto fondamentale alla vita trova il suo imperativo nel non uccidere. La vita va protetta sempre seppur non a tutti i costi. Non è lecito, infatti, accanirsi terapeuticamente e non è il solo medico, ma il medico insieme al paziente che ne stabilisce il confine.

Ma pensare che un medico debba, o anche solo possa, uccidere il suo paziente contrasta profondamente con la sua dignità, con quella del paziente e lede la dignità dell’umanità intera. L’eutanasia infatti va anche contro i principi che regolano e fondano la professione medica. Il medico diverrebbe così un boia, l’esecutore di una sentenza di morte, benché sottoscritta dalla vittima.

Nei pochissimi Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata le aberrazioni sono all’ordine del giorno. Il primo fu la Germania. Hitler lo presentò come un servizio ai tedeschi. Il risultato fu lo sterminio di 200mila fra disabili, malati di mente, anziani e persino feriti dai bombardamenti. Con le stesse modalità ne scaturì lo sterminio di ebrei e zingari.

L’Olanda legalizzò l’eutanasia nel 2001. Molti i vincoli che ben presto risultarono solo teorici e in breve infranti, ampliando la facoltà di sopprimere anche i bambini sotto i 12 anni e persino i minori senza il consenso dei genitori.

Dopo il diniego, la rabbia e il patteggiamento viene la depressione. È il percorso tipico di chi vive la malattia terminale. In quel frangente è normale desiderare la morte, invocarla con insistenza. Eutanasia legale vuol dire uccidere il depresso, esaudire la sua richiesta pur sapendo che pazientando un po’ arriverà la fase dell’accettazione con la scomparsa di ogni richiesta di morte.

Poter ottenere la morte per se stessi o per altri rappresenta un vulnus inaccettabile. Una volta tramutato il delitto in diritto non è più possibile contenerlo, limitarlo a certe condizioni. Se chiedere l’eutanasia o il suicidio assistito diventeranno una espressione di autodeterminazione, precari e insignificanti saranno i paletti che lo verranno a regolamentare: rappresenteranno essi stessi il limite da superare per esprimere una pseudo libertà garante della fine, della morte di ogni libertà.

Enrico Masini, bioeticista

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