Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz sono attesi oggi a Kiev dove esprimeranno la loro solidarietà al presidente ucraino Volodomyr Zelensky. La situazione si presenta molto complicata perché anche se molto lentamente, i russi continuano la loro avanzata in Ucraina e non solo nel Donbas. Fino a quando non avrà il controllo di questa regione, Putin non aprirà nessun dialogo, almeno questo è quello che avrebbe lasciato intendere. Inoltre, Zelensky ha dichiarato che neanche un centimetro del suo territorio potrà essere oggetto di un negoziato. Una posizione ancora più rigida rispetto a quella di Vladimir Putin.
Sembra evidente che, pochi ne parlano, ci sia stata una provocazione: dopo la caduta del muro di Berlino e lo scioglimento dell’Unione Sovietica, Mosca ha fatto sapere in modo molto chiaro che non avrebbe ritenuto accettabile una presenza della Nato ai confini della Russia e l’Occidente aveva dato rassicurazioni, ma poi è successo tutt’altro. Non solo, nel 2014-2015, l’Ucraina ha avuto uno stravolgimento politico radicale e uno degli elementi di maggior crisi fu proprio il Donbas e Odessa. Da allora sono passati otto anni. Nel 2015 fu firmato – da Francia, Germania, Ucraina e Russia – l’accordo Minsk 2: in due punti veniva specificato che il governo di Kiev avrebbe riconosciuto una speciale autonomia al Donbas, ma non se ne è fatto nulla. Questo conflitto interno è costato circa 14.000 morti. Si poteva trovare una soluzione tipo Trentino alto Adige, ma non è stato fatto; inoltre l’Ucraina ha vietato l’utilizzo della lingua russa. Ci sono stati una serie di accadimenti che hanno spinto Putin a fare ciò che non avrebbe dovuto mai fare, ossia l’invasione militare della Russia. Si tratta di due posizioni assolutamente tetragone.
I tre capi di stato fanno benissimo ad andare a Kiev, ma faranno altrettanto bene a dire al presidente ucraino di ritirare fuori dal cassetto gli accordi di Minsk 2 e dovrebbero parlare con Putin per convincerlo che una speciale autonomia del Donbas sia più che sufficiente, ma non è detto che il presidente russo accetti questo accordo. Inoltre, al contrario di quanto viene affermato, bisogna considerare che la Russia è sì isolata dall’Occidente, ma non dal resto del mondo.
Un’altra partita riguarda i cosiddetti corridoi del grano. Le mine al porto di Odessa sono state messe dagli ucraini per evitare un attacco dal mare. Mosca chiede che le mine vengano tolte in modo da poter far riprendere le esportazioni del grano, oppure ha chiesto che venga trasportato per via terrestre o di farlo partire da Mariupol, attualmente sotto il controllo russo. Sicuramente ci sono dei Paesi che subirebbero delle gravissime conseguenze se il grano rimanesse bloccato ad Odessa, ma dire che da questo dipende la fame nel mondo mi sembra un po’ esagerato.
Ma sarà possibile in tempi brevi a giungere a una tregua? Virtualmente il tavolo dei negoziati c’è ancora, ma tenendo conto della posta in gioco, temo che la tregua sarà possibile solo quando la Russia avrà il controllo del Donbas. Ammesso poi che la tregua regga, allora ci si dovrà sedere a un tavolo e vedere chi è disposto a rinunciare e a cosa per mantenere la pace.