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Diciotti, Rousseau e il voto che “non è un voto”

Sostiene Max Weber, filosofo e teorico della comunicazione, che “l’etica della responsabilità mira a considerare le conseguenze dell’agire”. Secondo Weber, l’etica dei princìpi è un’etica a-politica, mentre l’etica della responsabilità è indissolubilmente connessa alla politica, proprio perché non perde mai di vista (e anzi le assume come guida) le conseguenze dell’agire. Tutta questa teoria, con la storia del voto grillino su Salvini, è tornata di grande attualità, facendo riecheggiare in tutti noi spezzoni di studi accademici e fraseggi di lezioni universitarie. Dal diritto alle scienze umanistiche. Perché quanto messo in atto dal Movimento 5 Stelle con il voto on line sul caso della nave Diciotti e la richiesta di processare il ministro Salvini impatta drammaticamente sulle tesi di Weber. Ma anche sulla fondamenta del nostro sistema democratico. Affidare alla gogna mediatica, moderno surrogato di quella di piazza, una scelta di assoluta competenza della politica è una non scelta, una fuga dalle proprie responsabilità, oltre che dalla realtà.

Il Paese è degli elettori, non della Casaleggio. Anche perché la benedetta piattaforma, alla fine, si è rivelata maledetta. Sotto tutti i punti di vista. Per la maggioranza di  governo rischia di essere un problema serio, un elemento di forte destabilizzazione, molto più di quanto lo siano i voti delle regionali. La mancanza di azione politica dei grillini, il caso Tav ne è la prova, sta impallando Palazzo Chigi, mettendo a rischio i conti e i rapporti internazionali. Per il Paese poi rappresenta un nonsense : perché devono scegliere poche persone una questione che investe un’intera comunità? Il tema non è affatto di poco conto. Voto sicuro su Rousseau? “Assolutamente sì, tutte le votazioni di Rousseau sono certificate da un ente esterno”. Quale? “Il nome non lo so ma è sempre stato così”. Se il voto sarà vincolante? “Assolutamente sì, per il sottoscritto è sempre stato vincolante il voto della rete”, sostiene il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli,  a proposito della consultazione online sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. “Il collegio dei probiviri valuterà ogni singolo comportamento” di chi non si atterrà al responso del voto, “ma se noi demandiamo le votazioni importanti alla rete mi pare del tutto scontato che si debba rispettare”, rimarca l’esponente M5S. Domande logiche, risposte così così.

E non è con il pressappochismo che si governa un Paese. Perché la legittima aspirazione, consacrata dalla costituzione, di essere governati secondo le carte, in quelle risposte non c’è. Anzi viene considerata un fastidioso accessorio. Nel frattempo arriva il primo ricorso contro il reddito di cittadinanza. A firmarlo è la Regione Toscana, che contesta il percorso immaginato dal governo per assumere i “navigator”, la nuova figura voluta da Luigi Di Maio. E potrebbe fare da apripista per altre Regioni, già da settimane sul piede di guerra. E non è l'unica grana per il governo. In Senato prosegue l’impasse sul decretone: nonostante l’obiettivo della maggioranza resti il via libera in settimana, in commissione si va avanti rinvio dopo rinvio. E l’opposizione insorge. Pd e Fi accusano: è tutto fermo perché le scelte del governo sono condizionate al verdetto della piattaforma Rousseau su Salvini. Ecco, spiegate bene ai grillini cosa dice Weber, al di là del risultato del gioco della rete, perché non è un voto. Ma una sorta di gogna.

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