Ritorno al passato, con tanta amarezza. Il Covid torna a far paura, cancella in un battito di ciglia l’emozione che solo il calcio riesce a dare, l’essenza di una partita, racchiusa nello sguardo verso gli spalti gonfi di tifo e di entusiasmo. Sembra essere tornati ai primi tempi della pandemia, quando non si capiva bene quello che stesse accadendo. Partite a porte chiuse, con le voci dei calciatori a fare da colonna sonora nell’assordante silenzio di uno stadio vuoto. Poi è arrivato il vaccino, prima, seconda, terza dose, stadi pieni al 75% della capienza, i 50 mila dell’Olimpico, il bello di un movimento che stava tornando a respirare a pieni polmoni. Poi d’improvviso ti svegli una mattina e pensi di essere scivolato sulla buccia di un brutto sogno. Curva dei contagi che torna a salire paurosamente, la restrizione governativa che porta a ridurre la capienza al 50% quando in molti, Milan e Roma in testa, avevano già venduto i biglietti, soprattutto per la partitissime Milan-Roma e Roma-Juventus.
Tutto vero, non è un brutto sogno. I tg che continuano a snocciolare numeri di contagi, a mettere paura, a far salire sulla schiena brividi di freddo. Non ci siamo, perché non voglio veder ripetere le scene di diciotto mesi fa, quando non si conosceva il virus e ci hanno rinchiusi dentro casa. Il virus è tornato a far paura? Assolutamente no, perché c’è un rimedio a tutto e si chiama vaccino. Possono arrivare varianti, ma il vaccino protegge, contagiati asintomatici che non fanno paura, anche se giusto osservare le dovute precauzioni. Semmai deve far paura quel numero ancora considerevole di cittadini nel mondo, che ha scelto la strada dell’insurrezione, decidendo di non vaccinarsi, contribuendo, lo dicono i numeri, alla crescita dei contagi. Perché la salute viene prima di ogni altra cosa, è vero, e questo era il refrain di qualche tempo fa, quando le morti erano acclarate e si aspettava solo l’arrivo di una dose di vaccino per provare a ribaltare la storia. Il vaccino adesso c’è e serve ad abbattere le paure. C’è poi il rovescio della medaglia, perché se da una parte si riduce la capienza negli stadi all’aperto, è inaccettabile che la notte di Capodanno, il Teatro Petruzzelli di Bari, sotto gli occhi delle telecamere, abbia fatto registrare i tutto esaurito, al chiuso dove il contagio è più difficile da controllare. Due pesi e due misure. Che non vanno bene. Parlo di calcio perché il calcio è la terza azienda del Paese e va tutelata in tutte le sedi. L’ingerenza delle Asl nel calcio, sta producendo danni che neppure lo tsunami nel sudest asiatico. Inammissibile che il Bologna sia stato fermato per sette contagi e il Verona, con dieci, sia sceso regolarmente in campo. Serve più elasticità perché chi meglio dei calciatori è sotto osservazioni, con doppi controlli settimanali. Così facendo, è la sconfitta della parte bella del calcio, quella dei tifosi.
Una curva dei contagi in fase ascensionale tanto da indurre il governo ad una stretta che, rimanendo al mondo del calcio, ha portato ad abbattere il numero delle presenze allo stadio. Per le prossime due settimane (poi c’è la sosta), potranno entrare solo 5000 spettatori. Un colpo durissimo da digerire, ma non c’erano alternative se non il giocare a porte chiuse. Lo si è capito dal colloquio telefonico tra il Premier Draghi e il presidente della Figc Gravina e sulla necessità di continuare, almeno in serie A, a giocare. Il calcio, è la terza azienda del Paese, fermarlo, magari per 2/3 settimane, significherebbe non avere finestre temporali per giocarle. In mezzo c’è la Nazionale che pure ha dovuto rinunciare ad uno stage più lungo prima dei playoff mondiali, in quanto non si può posticipare una gara di campionato perché non ci sono date utili per recuperarla. Il cane che si morde la coda, ma non c’erano alternative. Il calcio è l’unica azienda che può vantare il 98,4% di vaccinati, se vogliamo la più sicura anche se i contagiati sono sempre tanti pur in presenza della terza dose. Per questo, giusto ridurre, almeno al momento, e contingentare gli accessi allo stadio. Il 16 e 23 gennaio, entreranno solo in cinquemila poi, la sosta per riprendere nel week end del 6 febbraio, quando la variante omicron si spesa sia passata e la curva torna a livellarsi verso il basso, altrimenti saranno necessarie misure ancora più drastiche.
Di Covid si muore meno adesso che c’è la terza dose. Ecco, probabilmente andrebbe fatto un distinguo più forte tra chi è vaccinato con tre dosi e chi il vaccino lo rifiuta, non certo nello sport, ma nella vita di tutti i giorni. Per carità, ognuno è libero di fare e pensare quel che vuole, ma qui si tratta di tutelare chi ha rispettato le regole, chi vuole, la domenica, godersi una giornata di pure emozioni. Che solo il calcio sa regalare. Non rovinateci anche questo.