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“Ogni bambino ha diritto di vivere”: David e l’aiuto ai piccoli haitiani

Il nuovo report di Amnesty international sulla violazione dei diritti dell’infanzia ad Haiti parla di minori privi del necessario e preda delle bande armate

È intitolato “Sono un bambino, perché mi sta accadendo questo? L’aggressione delle bande sui minori ad Haiti”, il nuovo report di Amnesty international sulla violazione dei diritti dell’infanzia ad Haiti. Amnesty International attraverso 112 interviste a vittime minorenni, operatori umanitari, funzionari del governo, analizza l’impatto della violenza delle bande sui bambini di Haiti in otto comuni del Dipartimento Ovest dal reclutamento nelle gang, agli stupri, ai ferimenti e alle uccisioni.

Sono passati 15 anni dal violento terremoto che colpì gran parte dell’isola caraibica. E il fallimento dello Stato ha portato a condizioni catastrofiche la popolazione, specialmente i bambini. Quasi la metà di chi fugge negli accampamenti improvvisati proviene dall’area metropolitana della capitale Port-au-Prince e sono bambini. Fuggono in questi centri sovraffollati – saliti rapidamente a 108 secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni – che spesso mancano di cibo, acqua potabile, servizi igienici. Fuggono dalla violenza delle gang. Nella capitale l’aumento di chi cerca di salvarsi abbandonando la propria casa è stato dell’87% negli ultimi mesi.

Infanzia violata

La vita di bambine e bambini ad Haiti è continuamente violata. In diversi quartieri sono costretti a restare chiusi in casa da soli per ore durante le sparatorie. I minori vengono frequentemente uccisi o feriti durante le incursioni. Presi di mira in modo indiscriminato. Le vittime segnalate ad Amnesty avevano tra i 5 e i 17 anni. Quando escono rischiano di essere uccisi dalle bande di autodifesa o di essere arrestati arbitrariamente dalle forze di polizia per diminuire le fila delle reclute più giovani. Secondo le stime del report, oltre un milione di bambine e bambini vivono in aree controllate o sotto l’influenza delle bande armate. Le testimonianze documentano di bambine e ragazzine rapite, stuprate o sfruttate nel commercio a seguito degli attacchi alle zone residenziali.

Reclute

Centinaia di ragazzini sono invece reclutati come nuove leve dalle gang. Sono costretti per paura, per minacce sui familiari o per fame a sorvegliare bande rivali e le forze di polizia, effettuare consegne di armi, riparare veicoli utilizzati negli attacchi. Decine di ragazzini sono anche trattenuti insieme agli adulti, nelle carceri sovraffollate, in una lunga attesa della condanna. Vengono infatti arrestati e incarcerati dalle forze di polizia arbitrariamente. Durante la ricerca di Amnesty nella capitale, il tribunale minorile di Port-au-Prince fermo dal 2019 non ne ha potuto ad oggi condannare nessuno.

Quel bambino vivo per miracolo, che oggi aiuta i piccoli di Port-Au-Prince

«In questi anni ho visto tantissimi bambini abbandonati, senza casa senza famiglia. Ne vedo ancora tantissimi che non riescono a resistere e sono assoldati dalle gang. Le loro madri non riescono a salvarli». David, classe 2000, sa cosa significa essere abbandonato, in strada senza famiglia e con la morte sempre in agguato. Ed oggi che la situazione diventa sempre più catastrofica non si scoraggia, pur raccontando che l’infanzia di Haiti vive in condizioni disumane da decenni. «All’epoca avevo solo 9 anni. Per fortuna, mi sono venuti a cercare tra le macerie e sono vivo per miracolo. Ma la catastrofe che abbiamo vissuto 15 anni fa si sta prolungando e i traumi vissuti dei bambini sono enormi. Ogni bambino ha il diritto di vivere». All’uscita nord della capitale c’è una fossa comune dove sono raccolti i resti di 100.000 persone morte in quell’evento. Una zona oggi nelle mani dei banditi. Sono luoghi che non si possono scordare e che motivano a contrastare il clima di violenza che attraversa la capitale e ad occuparsi dei più piccoli perché «non possiamo lasciarli soli». A Port-au Prince continua ad aiutare instancabile i bambini rimasti soli o perché i genitori cercano occasioni per guadagnare qualche soldo e portare da mangiare ai propri figli o perché a causa delle sparatorie sono rinchiusi dentro casa.

Il sostegno

Grazie a lui e altri giovani haitiani l’associazione Aksyon Gasmy e la Comunità Papa Giovanni XXIII continuano insieme a sostenere bambini, madri, famiglie in una delle zone più pericolose della capitale, nella casa di accoglienza Papa Nou (Padre Nostro).
«I bambini di Haiti hanno bisogno di tutto – raccontano dal Foyer Papa Nou. A volte non hanno da mangiare, spesso saltano la scuola. Per anni tante organizzazioni e religiosi hanno costruito iniziative per proteggere i bambini di strada che oggi non ci sono più. Ogni giorno infatti rischiano di cadere nelle mani dei criminali che hanno assaltato pochi giorni fa anche l’ospedale universitario, in fiamme proprio in questo periodo che i servizi sanitari sono al collasso». Molti di questi bambini hanno una grave disabilità, sono chiusi in casa e non possono lasciarlo ai vicini. La loro vita è a rischio per gli incidenti domestici. Le famiglie sono davvero fragili. Anche le violenze domestiche purtroppo sono all’ordine del giorno. I bambini nel 50% dei casi sono malnutriti e non possono godere dei diritti fondamentali. Quei diritti fondamentali e quel senso di umanità che giovani come David cercano con coraggio di restituire per non lasciarli soli.

L’articolo è stato pubblicato su Semprenews

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