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Apicoltura alpina e salvaguardia dell’ambiente, attualità e scenari futuri

L'esperienza dell'apicoltura nell'arco alpino di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici raccontata a Interris.it da Cristian Moretti, perito agrario e apicoltore under 35 operante in provincia di Sondrio

Le api rivestono un ruolo primario per la nostra vita e per la salvaguardia dell’intero pianeta. Le stesse, grazie alla loro attività di impollinazione, consentono il prosieguo di diverse colture e la riproduzione di almeno il 90% delle piante selvatiche, preservando così la biodiversità e svolgendo una funzione regolatrice nell’ambito degli ecosistemi. I cambiamenti climatici però, stanno mettendo a dura prova la loro esistenza, soprattutto nelle aree dove la produzione di miele è più difficoltosa a causa del contesto morfologico, come ad esempio l’arco alpino. Interris.it, in merito alle peculiarità dell’apicoltura in ambito alpino, ha intervistato Cristian Moretti, giovane perito agrario e apicoltore.

Foto di Wolfgang Hasselmann su Unsplash

L’intervista

Moretti, quali sono le caratteristiche maggiormente qualificanti dell’apicoltura alpina?

“L’apicoltura alpina si basa sulla produzione di miele, il quale è composto principalmente da nettare e arriva direttamente dall’ambiente circostante (ovvero prati, fiori e boschi) e non, come succede in altri luoghi, da coltivazioni. Da ciò ne consegue che, il livello qualitativo, è molto elevato ma, di contro, quello quantitativo, è molto basso. Si parla di fioriture sparse e sporadiche che, al massimo, hanno una durata di quindici giorni e, quindi, destinate ad una produzione non intensiva e, in base alle zone, focalizzate su diverse tipologie di miele.”

In che modo, in base alla sua esperienza, i cambiamenti climatici stanno incidendo sulla produzione di miele?

“I cambiamenti climatici stanno incidendo molto sulla produzione di miele. Essi si traducono in ondate di caldo o freddo fuori stagione, i quali lambiscono le api nel loro processo di nutrimento per la loro stessa sopravvivenza e, di conseguenza, sulla produzione di miele. Guardando al 2024, ad esempio, le piogge e il freddo inusuale dei primi giorni di giugno, hanno inciso molto negativamente sulla produzione di acacia, di fatto annullandola e, oltre a ciò, il caldo eccessivo del mese di luglio, ha avuto conseguenze sulla produzione del miele di castagno. Tutto ciò, complessivamente, non lambisce solamente l’attività produttiva, ma anche e soprattutto la sopravvivenza delle api, le quali necessitano di una nutrizione di supporto per gli alveari alla quale, in passato, si ricorreva solo sporadicamente.”

Foto di Ante Hamersmit su Unsplash

Quali sono i suoi auspici per il futuro il merito alla salvaguardia dell’apicoltura in ambito montano? Che valore riveste la sensibilizzazione delle giovani generazioni in tal senso?

“Il nostro territorio, negli anni, è cambiato molto. Ora i boschi sono arrivati vicino alle case e, lo sfalcio dei prati, da cui si originano i fiori fondamentali per il processo di impollinazione, viene fatto in misura sempre minore. Quindi, la sensibilizzazione dei bambini e alle giovani generazioni su questo tema è fondamentale. Cerchiamo di insegnare loro l’importanza della cura e della manutenzione del nostro territorio, fondamentale per il futuro di tutti noi.”

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