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martedรฌ 7 Gennaio 2025

Le parti sociali possono fare il bene del Paese

Ho letto unโ€™intervista fatta dal neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi e vi ho trovato spunti interessanti, come affermazioni forse un poโ€™ trancianti. รˆ sempre importante comprendere la visione di una persona che dovrร  esercitare un ruolo di primo piano insieme ad altri, consapevoli come dovremmo essere che dal loro agire, in parte,  dipenderanno le sorti economiche del Paese. Credo che chiunque abbia a cuore le sorti del lavoro italiano, non puรฒ che auspicare a che le parti sociali riprendano la loro iniziativa di rinnovamento delle relazioni industriali orientate ad una maggiore redistribuzione della ricchezza prodotta in piรน, da produzioni in crescita di qualitร  e quantitร .

Va da se che le loro attivitร  contrattuali non riguardano solo il loro ambito pur dovendo svolgersi nella loro necessaria autonomia, ma attengono anche le prospettive della economia. Infatti la condizione economica puรฒ  essere positivamente condizionata dalle grandi organizzazioni del lavoro โ€“ dei lavoratori e delle imprese โ€“  se dovessero riuscire, come spesso si รจ verificato nella storia economica italiana, a legare i loro legittimi interessi anche a quelli generali. Bonomi ha accennato in modo interessante ad un tema che spesso ha originato fraintendimenti che nel tempo non hanno fatto bene al Paese: lโ€™idea che la selva sterminata di piccole e piccolissime imprese, non rappresenti una debolezza che alla lunga ci possa emarginare nei grandi giochi presenti nei mercati globali. Infatti le piccole imprese prosperano in un ambito che veda agire grandi aziende competere nei mercati mondiali: da sole soffocherebbero per incapacitร  a tenere il passo con lโ€™innovazione per scarsitร  di capitali per difficoltร  ad investire nella innovazione cosรฌ decisiva per il successo. Il neo-presidente di Confindustria si รจ anche pronunciato sulla contrattazione e credo che abbia sottolineato che il salario non puรฒ crescere che dalla maggiore produttivitร  da suscitare per poterlo redistribuire attraverso la maggiore ricchezza riveniente dal successo dei prodotti nel mercato.

Sono convinto che su questo punto abbia molta ragione da vendere. Questa semplice impostazione era giร  valida in altre epoche; in questa vale dieci volte in piรน, sia per ridare forza alle aziende indebolite certamente dalle interruzioni dellโ€™offerta provocate dal lockdown, sia per riassorbire le crisi mai curate dellโ€™ultimo ventennio, a causa del peggioramento per incuria di tutti i fattori di contesto per le nostre produzioni industriali e di servizi. Tasse, energia, servizi, infrastrutture e logistica, giustizia e pubblica amministrazione, hanno condotto ad tale peggioramento le attivitร  economiche per il loro costo ed inefficienza che hanno provocato in modo preoccupante la crescita del costo  per unitร  di prodotto, che non ha pari al confronto con i Paesi Ocse.

Dunque, se dobbiamo risalire la china non abbiamo altra scelta che lavorare di piรน e meglio per favorire una attraente offerta nei mercati, e poi attraverso la redistribuzione della ricchezza prodotta ed alimentata ancor piรน da riduzioni fiscali sul salario, ad accrescere la domanda nel mercato interno. Dโ€™altronde la contrattazione funziona eccellentemente quando le parti concorrono a regolare politiche contrattuali convenienti per ambedue i soggetti. Tantโ€™รจ che quando fanno il contrario, alla lunga arrecano danni alla loro soggettivitร , rappresentativitร  ed autonomia, non garantiscono gli interessi generali.

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