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Superbia: la madre del male

La superbia è la radice dell'albero del male ed è il “padre” di tutti i vizi capitali. Consiste nell'illusione di essere come Dio e ci fa vedere il mondo dall'alto verso il basso. La Scrittura ci dice che “Dio resiste ai superbi” e “guarda l'umiltà della sua serva”, perché è “Il” peccato capitale contro Dio.

Peccato per eccellenza

Noi occidentali li chiamiamo vizi capitali (san Gregorio Magno), ma i cristiani orientali sono più precisi definendoli “pensieri malvagi”. Si tratta di otto (c'è anche la tristezza) tendenze al male che ci fanno deviare dal cammino della Luce. La superbia ci fa sentire “padre eterni”: padroni della vita, del mondo, della storia e degli altri, come la teoria del superuomo rappresentato bene nei film di Kubrick ci dimostra.

Superuomo

Il superuomo è il fallimento dell'uomo come hanno dimostrato tutte le guerre, dove non c'è chi vince, ma tutti perdono, in termini di vite umane e di rispetto e di dignità umana. Evagrio Pontico, monaco…, scrive che “la superbia è un tumore dell'anima pieno di sangue. Se matura scoppierà, emanando un orribile fetore” e fa un'esempio bellissimo su chi si fida delle sue sole forze che è “come colui che sale su una tela di ragno precipita, così cade colui che si appoggia alle proprie capacità”. Autosufficienza, lo scavalcare l'altro, la prevalenza dell'apparire sull'essere, la competitività anche a livello religioso genere “mostri”, non uomini, produce “macchine da guerra” e non capolavori di salvezza.

Come si manifesta

La superbia si manifesta in quattro modi: “Quando si pensa che il bene derivi da noi stessi; quando si crede che, se ci viene dato dall’alto, è per i nostri meriti; quando ci si vanta di avere quello che non si ha; quando, disprezzando gli altri, si aspira ad apparire gli unici dotati di determinate qualità” (Gregorio Magno, Moralia XXXIII, 6,16)

Non c'è solo una superbia umana, ma anche spirituale. San Giovanni della Croce descrive in maniera perfetta questa tentazione: “Ove si parla del secondo danno, cioè del pericolo di cadere nella stima di sé e nella presunzione”.

Superbia spirituale

Le conoscenze soprannaturali della memoria, di cui stiamo parlando, costituiscono anche per le persone spirituali una facile occasione di cadere in qualche forma di presunzione o di vanità, se vi fissano l’attenzione e le tengono in considerazione. Perciò chi non ha alcuno di tali favori, non corre il rischio di cadere in questo vizio, perché non c’è in lui cosa che lo porti alla presunzione; al contrario, chi riceve simili favori è indotto a credersi qualcuno, dal momento che gli vengono accordate comunicazioni soprannaturali. Senza dubbio può attribuirli a Dio, ringraziarlo e ritenersene indegno; tuttavia, ordinariamente, tali favori suscitano nello spirito una qualche segreta soddisfazione e stima di sé, oltre a un apprezzamento a loro riguardo. Senza accorgersi, si cadrà allora nella superbia spirituale.

Farisei

Tali persone possono avere una prova evidente di tutto ciò nella ripugnanza e antipatia che avvertono per coloro che non lodano il loro spirito né stimano i favori che esse ricevono, o ancora, nella pena che provano quando pensano e sentono parlare di altri che hanno le stesse manifestazioni e di più grandi ancora. Tutti questi sentimenti derivano da una segreta stima di sé e dall’orgoglio, in cui forse giacciono sprofondate tali persone, senza saperlo. Pensano che una certa conoscenza della propria miseria basti, pur essendo insieme piene di segreta stima e di presunzione, compiacendosi più dei loro talenti e dei loro beni spirituali che di quelli del prossimo. Assomigliano al fariseo che ringraziava Dio di non essere come gli altri, di avere tale o tal altra virtù, e pieno di presunzione si compiaceva di se stesso (cfr. Lc 18,11-12). Simili persone non si esprimono manifestamente come il fariseo, tuttavia di solito nutrono i suoi stessi sentimenti. Alcune, addirittura, diventano orgogliose al punto di essere peggiori del demonio. Scorgendo in sé alcune conoscenze o sentimenti di devozione o di dolcezza che a loro sembrano venire da Dio, si sentono pienamente soddisfatte. Pensano di essere molto vicine a Dio e ritengono quelli che non hanno tali favori inferiori a loro, perciò li disprezzano come il fariseo disprezzava il pubblicano.

Rimedi

Per evitare questo danno deleterio, spregevole agli occhi di Dio, occorre considerare due cose. La prima è che la virtù non consiste nelle conoscenze che vengono da Dio o nei sentimenti che si avvertono nei suoi confronti, per quanto siano elevati, né in cose simili che si possano sperimentare; essa consiste, invece, in ciò che non si sente in sé, cioè in una profonda umiltà, nel disprezzo di sé e di tutte le cose – un disprezzo molto sincero e radicato nell’anima – che permette di essere felici quando gli altri nutrono gli stessi sentimenti nei nostri confronti, poiché non vogliamo contare nulla per loro.

La via dell'umiltà

La seconda cosa da ricordare è la seguente: tutte le visioni, rivelazioni, sentimenti celestiali e tutto ciò che si vorrà immaginare di più sublime non valgono quanto il più piccolo atto d’umiltà, che produce gli stessi effetti della carità. Questa non è attaccata ai propri interessi e non li ricerca; pensa male solo di se stessa; si preoccupa non del proprio bene ma di quello altrui (cfr. 1Cor 13,4-7). Per tutti questi motivi è opportuno che le persone spirituali non annettano importanza a queste conoscenze soprannaturali, ma cerchino di dimenticarle per conservare la libertà di spirito” (Salita del monte Carmelo, III,9). Bisogna essere sempre vigilanti e mai sicuri di sé, come diceva Mahatma Gandhi: “È stolto essere troppo sicuri della propria saggezza. È salutare che ci ricordino che il più forte può indebolirsi e il più saggio può errare”.

Il peso sulle spalle

Il gesuita Giovanni Cucci dà un'ottimo rimedio a questo vizio: “Come si combatte la superbia? Come ci insegna Dante nel Purgatorio: bisogna mettersi un peso sulle spalle e guardare un po' per terra senza guardare (e giudicare) sempre agli altri. La superbia è la madre di tutti i vizi nel senso che in tutti gli altri vizi scopriremo sempre un po' di superbia”.

Saper ringraziare

Un'antidoto è anche la gratitudine verso il Signore e verso gli altri. Saper dire: “Grazie” di vero cuore ci libera dall'egoismo, dall'orgoglio e dal dare tutto per scontato. Dobbiamo essere degli uomini e delle donne che ringraziano continuamente. Ringraziare è gratis, non costa niente, ma ci rende più umani nei confronti di chi ci circonda e chi incontriamo.

Preghiera

Signore, mi sento una formichina, che  quando alle  volte viene calpestata dagli uomini corre più veloce non per paura, ma per amare di più. Porto pesi più  grandi  di  me, ma sono piccola, fragile e povera. La Grazia del tuo Amore mi dona la forza di un bufalo e le ali delle aquile  per  volare verso i «Cieli dei Cieli». Cammino per terra con lo sguardo sempre rivolto al Cielo, sono impastata di «terra e di cielo» per costruire la città di Dio sulla realtà in cui vivo. Da sola, non ce la faccio a lavorare e portare le molliche del pane ai miei fratelli e alle mie  sorelle, ma insieme agli altri che mi aiutano sono più forte. Porto il cibo anche per le cicale che cantano spensierate e muoiono di freddo e di fame l’inverno, provvedo per chi è irresponsabile e immaturo. Creatore dell’universo, costantemente lavoro, nel silenzio e nel nascondimento, mi organizzo socialmente e sono industriosa e creativa, ma tutto è dono tuo e ti chiedo di essere sempre strumento e serva inutile. Amen.

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