Domenica di festa per la Chiesa con la canonizzazione di 35 beati, 33 dei quali martiri. In piazza San Pietro Papa Francesco proclamerà santi due sacerdoti, Andrea de Soveral e Ambrogio Francesco Ferro, il laico Matteo Moreira e gli altri 27 compagni brasiliani uccisi in odio alla fede dai calvinisti olandesi e dagli indios nel 1645; tre adolescenti, Cristoforo, Antonio e Giovanni, considerati i protomartiri del Messico e dell’intero continente americano; il frate cappuccino Angelo d’Acri e padre Faustino Mìguez, spagnolo, religioso degli Scolopi e fondatore della Congregazione delle Suore Calasanziane Figlie della Divina Pastora, la cui vita è stata dedicata all’insegnamento e alla promozione della condizione femminile. Proprio una madre di famiglia, Verónica Stoberg, cilena, ha ricevuto il miracolo grazie all’intercessione del beato Faustino che la Chiesa ha riconosciuto per la canonizzazione del religioso. Una storia piena di fascino e di mistero che la stessa miracolata, che vive a Getafe, cittadina a pochi chilometri da Madrid, ha raccontato ai giornalisti, interrotta a volte dall’emozione di un ricordo che le ha segnato la vita.
“Quattordici anni fa rimasi incinta del mio quarto figlio. Da un momento all’altro cominciai ad avere un forte dolore alla pancia, da questa parte (e indica la zona destra, ndr). Tutto stava andando bene, non so cosa successe. Mi ricordo che mi sdraiai un po’, pensando che mi sarebbe passato il dolore che invece aumentava. Mia figlia andò a chiamare una vicina che mi misurò la pressione e si accorse che era salita troppo. Telefonarono al dottore che disse di portarmi subito al pronto soccorso. Avvisarono mio marito che mi portò in ospedale e quando arrivai persi conoscenza e non mi ricordo più altro. Rimasi quasi tre mesi in coma e quando mi svegliai mi raccontarono cosa era successo. In quel periodo, malgrado fossi in coma, riuscivo lo stesso a restare in contatto con questo mondo. Sentivo l’amore di mio marito che non si è mai allontanato da me, mi toccava, mi prendeva la mano e lo sentivo. Mi chiedeva di non abbandonarlo, di continuare a lottare e sentivo anche molto la presenza di madre Patricia (Olivares, ndr) che da qualche tempo aveva assunto la direzione del Collegio Divina Pastora dove studiavano due mie figlie. Io sentivo la sua presenza, sentivo come pregava, che mi stava accanto e sentivo una grande forza che mi pesava sul petto, sempre, qualcosa di caldo che mi chiamava con molta forza e molta energia. Ma non mi recava danno, non mi faceva male. Quando mi sono svegliata, la madre continuò a venirmi a trovare e mi raccontò che mi aveva messo sul petto la reliquia di padre Faustino. Per me fu una grande sorpresa quando me la mostrò: era un cerchio esattamente come quello che sentivo, un circolo che mi spingeva qui, sul petto”.
Che dicevano i medici?
“Quando ebbi quel gran dolore, mi era salita la pressione che provocò un”esplosione’ epatica, mentre ero ancora a casa. In ospedale mi fecero il cesareo d’urgenza, fecero nascere il bambino, che grazie a Dio sta bene, e si resero conto che c’era una forte emorragia e iniziarono a cercare in alto, nell’addome per capire da dove usciva il sangue. Si resero conto che il fegato era esploso”.
La guarigione è tutto merito delle preghiere di madre Patricia o anche lei era devota di padre Faustino?
“Io lo conoscevo perché da tanti anni frequentavo il Collegio, mi impegnavo nella pastorale e quando uno condivide la vita del Collegio diventa partecipe di quello che è l’istituto, si va raccontando qual è l’eredità del padre, per questo lo conoscevo. Io entrai in ospedale il mercoledì. Quando dissero a mio marito che stavano per staccare le macchine, che non c’era più niente da fare per me, era sabato. Mi fecero un esame e videro che con una simile emorragia, così grave, non potevano fare più nulla, la coagulazione era bassissima, bisognava solo aspettare la morte che era quasi imminente. Mio marito cercò una chiesa per pregare e quelle più vicine erano tutte chiuse. Mia figlia maggiore gli disse ‘Papà, a scuola c’è una cappella, andiamo lì’. C’era madre Patricia, andarono vicino all’altare, e videro l’immagine di padre Faustino. Siccome mio marito sapeva che ero catechista, si avvicinò e gli disse ‘Aiuta mia moglie, non portartela via, intercedi, che non se ne vada’. Si sono abbracciati, hanno pianto…”. La commozione prende il sopravvento: una pausa, le lacrime sgorgano spontanee: “L’ho raccontato tante volte, è difficile… Si è avvicinata madre Patricia, li ha abbracciati, e lì è stato quando hanno pregato tutti insieme la novena a padre Faustino e gli hanno chiesto che intercedesse per me”.
E poi?
“Sono tornati in clinica, pensando di salutarmi per l’ultima volta, e lì un medico, correndo, gli è andato incontro e gli ha detto ‘non so a quale santo vi siete affidati però le abbiamo fatto un esame, sta coagulando e ora la possiamo operare'”.
Quando ascolterà il nome del nuovo santo sarà un’emozione molto grande, in qualche modo lei è protagonista di questa vicenda.
“Ma io non mi sento protagonista… piuttosto mi sento uno strumento, amo molto il Signore, sempre sono stata una donna di fede, anche prima che avvenisse tutto questo. Ho sempre avuto fiducia in Dio e di fatto sento che questa era la sua volontà. Al di là di quello che significava per me lasciare i miei figli, ero nelle mani del Signore. Ricordo che mentre ero in coma chiedevo al Signore che mi aiutasse, pregavo però non mi ricordavo bene le parole, ripetevo ‘Padre nostro’ e poi non riuscivo ad andare avanti, pregavo anche la Madonna, la prima parte (dell’Ave Maria, ndr) e la ripetevo, in questo stato di incoscienza”.
Una festa che la famiglia religiosa si appresta a vivere con grande entusiasmo: “E’ un dono per l’Istituto Calasanzio – ha affermato madre Sacramento Calderón, Superiora generale dell’Istituto – E’ senza dubbio la conferma che il carisma delle Figlie della Divina Pastora oggi ha il suo valore per la Chiesa e dobbiamo continuare a offrirlo al mondo moderno come fece padre Faustino. Che fu un grande uomo, prima di tutto uno scolapio, cosa di cui fu sempre orgoglioso, un uomo che come dice Papa Francesco fu ‘in uscita’ per le necessità del suo tempo e che fu convinto che di dover essere il buon samaritano del bambino, attraverso l’educazione, e soprattutto della donna, in un’epoca in cui le veniva negato l’accesso all’educazione, affinché potesse avere il ruolo che merita nella società”.