La vita è degna di essere vissuta in ogni sua fase. Nessuno ha il diritto di interromperla o manipolarla: dal concepimento al termine naturale. “Per ogni cosa c’è la sua stagione, c’è un tempo per ogni situazione sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire”, scrive l’Ecclesiaste. La quarantaseiesima Giornata Nazionale per la Vita rilancia una riflessione (“La forza della vita ci sorprende”) e ribadisce “l’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, di ogni vita”. A tracciare la linea è Papa Francesco: “Il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili”. La difesa della sacralità di ciascun essere umano va testimoniata in famiglia, nei differenti contesti comunitari, nell’attività educativa, nella cultura collettiva.
Impedire di nascere o di restare in vita è sempre un’aberrante crudeltà che calpesta i valori fondamentali e nega la dignità insita in ciascuno di noi. La coercizione riproduttiva, per esempio, è un’atroce forma di violazione della dignità dell’individuo come lo è l’eutanasia (“crimine contro la vita”). Inguaribile non è mai sinonimo di incurabile: chi è affetto da una malattia allo stadio terminale (come chi nasce “con una previsione limitata di sopravvivenza”) ha diritto ad essere accolto, curato, circondato di affetto.
Oggi si moltiplicano i casi di cronaca e avanzano legislazioni che in un numero sempre maggiore di Paesi autorizzano l’eutanasia e il suicidio assistito delle persone gravemente ammalate ma anche sole o con problemi psicologici. Francesco non si stanca di ripetere che “l’accompagnamento medico-infermieristico, psicologico e spirituale è un dovere ineludibile”, poiché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato. Il valore inviolabile della vita è una verità basilare della legge morale naturale ed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico. Come non si può accettare che un altro uomo sia schiavo, così non si può attentare contro la vita di un essere umano. Sopprimere un malato che chiede l’eutanasia non significa “riconoscere la sua autonomia e valorizzarla”, ma al contrario significa “disconoscere il valore della sua libertà, fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore, e il valore della sua vita”. Così facendo, per un credente, si “decide al posto di Dio il momento della morte”. Per questo, “l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l’onore del Creatore”, insegna il Santo Padre.
Nella cura è essenziale che il malato non si senta un peso e la sua famiglia ha bisogno di aiuto, mezzi adeguati e strutture in grado di sostenerla nei momenti più difficili. La missione del Servo di Dio don Oreste Benzi è stata tutta dedicata a fare in modo che nessuno sia considerato uno “scarto”, un peso di cui liberarsi. Sulle orme di Gesù siamo tutti chiamati a difendere la vita, in particolare la vita di chi non ha voce. Nella “Evangelii gaudium” il Pontefice indica “un segno che non deve mai mancare”. E cioè l’opzione per gli ultimi, per i più deboli per “quelli che la società getta via”. Tra loro ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti. Ai quali oggi “si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. “Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo – afferma il Papa – È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”.
Il Santo Padre, quindi, ci esorta a fare di più per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure. Laddove l’aborto si presenta loro come “una rapida soluzione alle loro profonde angustie”. Particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Il messaggio della misericordia è per tutti, anche per la persona umana che è in gestazione o attaccata alle macchine. Madre Teresa di Calcutta diceva che il bambino non ancora nato è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato. Nessuno è più povero di un bimbo a cui si impedisca di venire al mondo.