Ogni primo gennaio ricorre la Giornata mondiale della pace, istituita nel 1967 – e celebrata per la prima volta nel 1968 – da Papa Paolo VI. Una giornata per ricordare che la pace è un dono che Dio vuole fare agli uomini, ma è una conquista che gli uomini devono cercare e creare, devono sforzarsi per raggiungere il dialogo, il perdono reciproco, sia a livello personale sia di Stati, con una prospettiva mondiale. Inoltre, la giornata della pace è rivolta a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ma anche ai giovani perché nella loro vita scelgano la via della nonviolenza, della ricerca del bene, del bello del giusto, di non fermarsi a relazioni conflittuali, a non dare più peso a ciò che divide, a una risoluzione dei conflitti senza utilizzare le armi e quindi, come ci richiama Papa Francesco, a depotenziare l’industria bellica.
La pace non è solo scegliere di non fare la guerra, è anche scegliere la costruzione di stili di vita nuovi, basati sulla giustizia. Questo anno, il Santo Padre, nel messaggio per la Giornata della Pace ha voluto puntare sull’educazione, sul lavoro e sulla relazione tra le generazioni. L’educazione vuol dire investire risorse per tirare fuori da ognuno di noi il bello che c’è, il talento, quindi l’arte di educare: far uscire la persona da sé stessa per inserirsi in un “noi”, in un cammino con lo sguardo d’insieme, sinodale. Inoltre, ha richiamato sull’importanza essenziale del lavoro come possibilità di realizzare la dignità delle persone. Il lavoro è fondamentale, indispensabile, per costruire il bene comune.
Infine, il Pontefice ha richiamato sul rapporto tra le generazioni: i giovani devono prestare attenzione agli anziani, ascoltare la loro saggezza, l’esperienza. Non devono relegarli, come diceva anche il Servo di Dio don Oreste Benzi, in strutture marginali che sono diventati dei cimiteri a causa della pandemia che ha causato tantissime morti. Anche gli anziani devono essere aperti ai giovani, ascoltare la freschezza, la novità delle loro richieste: è necessario camminare insieme come popolo.
La Comunità Papa Giovanni XXIII, lavora alla pace in diversi modi: con l’Operazione Colomba e con la proposta del Ministero della pace che già don Oreste Benzi aveva chiesto a diversi presidenti del Consiglio italiani. Il Ministero della pace è possibile solo se si cresce come popolo che cammina sulla via della riconciliazione. E’ una scelta controcorrente. Fino ad oggi abbiamo sempre avuto un Ministero della Difesa e bisogna riconoscere che si è anche adoperato, impiegando l’esercito, in azioni umanitarie. Il Ministero della Pace sarebbe una svolta culturale per cui un Paese sceglie di destinare le risorse che prima stanziava per gli armamenti – l’Italia è uno dei primi produttori e venditore delle armi leggere – in sviluppo della custodia del territorio, nel dare lavoro, nel sostenere i giovani. E’ una pace che sceglie di non risolvere più i conflitti con la guerra. Si tratta di una proposta molto forte.
L’Operazione Colomba è un corpo civile e nonviolento di pace che invia i suoi volontari in zone di conflitto; in queste settimane alcuni giovani sono sul confine tra la Polonia e la Bielorussia per toccare con mano la reale situazione dei profughi; inoltre siamo a Lesbo, sempre nel campo profughi, dove Papa Francesco è stato da poche settimane ed ha ricevuto la nostra casa famiglia di Atene.