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Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso

Papa Francesco si pone nella stessa scia dei suoi immediati predecessori sia quanto al rapporto religione e guerra sia quanto alla condanna della guerra nucleare. Per quanto concerne il primo rapporto basta leggere quanto ha sottoscritto il 4 febbraio 2019, assieme al Grande Iman di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel Documento sulla Fratellanza Umana per la pace e la convivenza comune. Affermazioni analoghe le ha pronunciate durante il suo viaggio apostolico in Iraq (5-8 marzo 2021). Ecco in sintesi il pensiero di papa Francesco: la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per “giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. Dio è misericordioso. L’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione.

Per quanto concerne invece il pensiero di papa Francesco sulle armi nucleari e la legittima difesa basta riferirsi a quanto egli ha detto in occasione del suo viaggio apostolico in Giappone (23-26 novembre 2019) e a quanto ha ribadito attraverso l’enciclica Fratelli tutti. A Hiroshima, presso il Memoriale della pace, il pontefice ha affermato in modo lapidario: “Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa” (24 novembre 2019). Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? La nostra risposta alla minaccia delle armi nucleari dev’essere collettiva e concertata, basata sull’ardua, ma costante costruzione di una fiducia reciproca che spezzi la dinamica di diffidenza attualmente prevalente. “È necessario rompere la dinamica della diffidenza che attualmente prevale e che fa correre il rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti. Stiamo assistendo a un’erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi; questo approccio sembra piuttosto incoerente nell’attuale contesto segnato dall’interconnessione e costituisce una situazione che richiede urgente attenzione e anche dedizione da parte di tutti i leader”.

A proposito del diritto di legittima difesa a cui, nella situazione della guerra tra Russia ed Ucraina, ci si è appellati per giustificare la reazione ucraina di fronte all’invasione russa, ecco come argomenta il pontefice nella sua ultima enciclica Fratelli Tutti: “Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una ‘giustificazione’. Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla della possibilità di una legittima difesa mediante la forza militare, con il presupposto di dimostrare che vi siano alcune «rigorose condizioni di legittimità morale”. Tuttavia si cade facilmente in una interpretazione troppo larga di questo possibile diritto. Così si vogliono giustificare indebitamente anche attacchi “preventivi” o azioni belliche che difficilmente non trascinano “mali e disordini più gravi del male da eliminare”. La questione è che, a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, “mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene”. Dunque non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!» (FT n. 258).

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