“In ogni ammalato vi è Gesù che soffre”, diceva Padre Pio. Oggi ricorre la Giornata del Sollievo come testimonianza di sostegno individuale e collettivo alla sofferenza fisica e morale. Tutti nella vita sperimentiamo il peso della prova, della malattia e dello sconforto. Papa Francesco esorta a non abbandonare coloro che vivono situazioni di fragilità, dolore e debolezza. Servono occhi che non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno.
L’odierna Giornata punta proprio a sensibilizzare l’intera società civile alla cultura del sollievo. Siamo noi le persone sofferenti, nulla di ciò che è umano può esserci indifferente. “Solo chi fa in prima persona l’esperienza del dolore saprà essere di conforto per l’altro”, insegna il Pontefice. Sono numerose le forme gravi di sofferenza. Malattie inguaribili e croniche, patologie psichiche, quelle che necessitano di riabilitazione o di cure palliative, le varie disabilità, le malattie dell’infanzia e della vecchiaia.
“In queste circostanze si può avvertire una carenza di umanità”, evidenzia il Santo Padre. Occorre, quindi, personalizzare l’approccio al malato, aggiungendo al “curare” il “prendersi cura”. Serve un salto culturale ed etico per focalizzare l’attenzione generale su quanto sia concretamente possibile fare per portare sollievo a chi è nel buio del dolore. Ribadisce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che l’opera di coloro i quali, a vario titolo, si impegnano nelle cure palliative riflette la concezione del malato come persona concreta, e non come categoria astratta, valorizzando ciò che essa presenta di particolarità, di possibilità, di prospettive.
Le cure palliative non si occupano esclusivamente del fine vita, come spesso si crede, ma sono un elemento fondamentale nel percorso del paziente con patologia cronica inguaribile. In questa Giornata si vuole inoltre evidenziare l’importanza che rivestono, nell’alleviare la sofferenza, non solo le terapie avanzate, ma anche il sostegno psicologico e psicoterapeutico specifico, ponendo attenzione a tutti i bisogni psichici, fisici, sociali e spirituali. Così da creare la migliore qualità di vita per il malato e la famiglia.
C’è ancora molto da fare sul piano della formazione nelle università, nelle scuole di specializzazione affinché si abbia sulle cure palliative una distribuzione di conoscenze organizzata e strutturata. Le istituzioni civili e religiose (dal Quirinale alla Cei) convergono nel richiedere un piano nazionale per la diffusione e il perfezionamento della rete di cure palliative in modo che essa sia completa e uniforme, senza le difformità che oggi vi sono fra regione e regione, fra patologia e patologia, fra le età dei malati.
Tanta è la strada da percorrere anche sul piano della ricerca, per rendere sempre più perfezionate e affinate, le terapie palliative. Come società siamo chiamati ad essere sempre più e sempre meglio la “locanda” del Buon Samaritano, cioè la casa dove poter trovare familiarità, accoglienza, sollievo. Tutti noi, nella nostra fragilità e con i nostri limiti, possiamo aiutare fratelli e sorelle a portare la croce. Facendo delle proprie ferite delle feritoie attraverso le quali guardare l’orizzonte al di là della malattia e ricevere luce e aria per la vostra vita. Confrontarci con la realtà del dolore significa accettare l’esperienza del limite e del possibile fallimento della scienza medica di fronte a casi clinici sempre più problematici e a diagnosi infauste.
“La vita è sacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabile e indisponibile– sottolinea papa Francesco-. La vita va accolta, tutelata, rispettata e servita dal suo nascere al suo morire”. Il vero diritto umano è quello alla vita…