Ero un bambino di dieci anni quando mi parlarono delle apparizioni di Medjugorje. Mia nonna e sua sorella mi leggevano i messaggi delle prime apparizioni iniziate nel giugno del 1981. Ricordo ancora oggi la grande gioia di queste donne piene di fede che vedevano in quei racconti la mano del Signore senza dubitare né porsi chissà quali interrogativi sulla veridicità di quei messaggi. Non avrei immaginato di andarci poi, a distanza di anni, da giovane sacerdote in visita alle comunità terapeutiche e alle case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII allestite proprio ai confini tra Croazia e Bosnia-Erzegovina. Praticamente a meno di mezz’ora di macchina dal nuovo epicentro di spiritualità mariana.
All’epoca ancora si passava la frontiera con il passaporto e le strade erano molto diverse da quelle di oggi. Da sempre, dalla prima volta in avanti, non è mai cambiato il clima di preghiera. E con esso il silenzio, la forza spirituale di quella collina, la bellezza di quell’Adorazione Eucaristica in Chiesa. A Medjugorje ci andavo volentieri e ci portavo i pellegrini non per recarmi dai veggenti ma per crescere nella preghiera e nella vicinanza alla Vergine Maria. Una volta sulla collina delle apparizioni vidi anch’io quell’effetto – diciamo strano – del sole che sembrava danzare e mi capitò in Italia di ascoltare una o due volte la veggente Vicka che parlava delle apparizioni con il sorriso negli occhi. Ci sono stato più volte anche con don Oreste Benzi e tra i ricordi più belli c’è anche quello di esserci stato una volta con i miei genitori e tante altre persone care. Questa è la prima volta che ne parlo pubblicamente ritenendo quei pellegrinaggi mariani come incontri privati, da non sbandierare né voler condizionare qualcuno.
Per me Medjugorje è e resta un luogo di contemplazione dove si può andare esclusivamente per pregare e mettersi in ascolto. Spesso mi hanno colpito negativamente certi atteggiamenti smodati delle due parti estreme. Da coloro che hanno sempre combattuto Medjugorje con violenza verbale, calunnie e scontri mediatici nel tentativo di dimostrare a tutti i costi l’inesistenza dei fenomeni soprannaturali fino a coloro che su posizioni opposte si accanivano nel voler dare prova dell’assoluta buona fede e veridicità dei veggenti. Troppe discussioni da parte pure di tanti cristiani che talvolta hanno anche oscurato e non aiutato quel luogo reso sacro dall’intensa preghiera, dalla diffusa devozione, dai sacramenti donati al popolo di Dio. Tanta leggerezza e superficialità giunte fino ad esternare una devozione distorta perché intrisa di rosari e maldicenze, attacchi di ira e segni di croce.
In realtà l’albero si riconosce dai frutti, dice il Vangelo. E ora la Santa Sede riconosce ufficialmente che Medjugorje si caratterizza per le sue conversioni, vocazioni, esperienze spirituali. “La pastorale quotidiana nella parrocchia di Medjugorje è intensa – scrive il dicastero vaticano per la Dottrina della Fede nella nota “La Regina della Pace” -. Ogni giorno la recita del Rosario, la Santa Messa, l’adorazione del Santissimo Sacramento, numerose confessioni, due Via Crucis, catechesi. Oltre alla vita sacramentale‒spirituale ordinaria, si svolgono seminari, festival della gioventù, ritiri spirituali per i sacerdoti, per le coppie di sposi, per gli organizzatori di pellegrinaggi, per le guide dei centri della pace e dei gruppi di preghiera”. Da decenni, la parrocchia di Medjugorje è “grande meta di pellegrinaggi”. E “a differenza di altri luoghi di culto, legati a delle apparizioni, sembra che a Medjugorje le persone si rechino soprattutto per rinnovare la propria fede piuttosto che in ragione di precise richieste concrete”. Ed è registrata “persino la presenza di gruppi di cristiani ortodossi e di musulmani”. Segni di Grazia di cui essere grati.