I colloqui telefonici con il presidente francese, Emmanuel Macron, per discutere sulla guerra in Ucraina. I rapporti serrati con le altre cancellerie. L’orecchio teso ai bisbigli e sussurri americani. La mano tesa – anche se in modo guardingo – alla Cina, ma, soprattutto, il pugno mostrato a Mosca. E poi i temi economici, interni ed internazionali, sui quali incombo tante, troppe varianti. Ecco, a voler sintetizzare in una vignetta disegnata con le parole, dove certi gesti sono più forti del segno di un pennarello, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo, sembra muoversi dentro a questo perimetro. Se sia vincente lo scopriremo solo vivendo, intanto questa è la linea segnata, consolidata dopo il videocollegamento col presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Draghi ha elogiato “il coraggio, la determinazione, il patriottismo” del popolo ucraino e ha confermato l’impegno di Roma a fornire al Paese, che si difende dall’invasione russa, aiuti “anche militari” contro i “massacri” perpetrati “con ferocia”, città per città, dalle truppe di Vladimir Putin. In parlamento, ieri, ha arricchito il quadro d’insieme. Di fronte “agli orrori della guerra”, l’Italia sta lavorando “con determinazione per la cessazione delle ostilità”, ma lo sforzo diplomatico “potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca”, afferma il presidente del Consiglio, Mario Draghi, durante le comunicazioni alla Camera dei deputati in vista del Consiglio europeo. Ed un punto qualificante, quello della volontà di Mosca, dalla quale non si può prescindere. Farlo significa perdere il contatto con la realtà. La guerra è un dramma umano ingiustificabile e ingiustificato, ma non voler vedere gli elementi sul tavolo rischia di fare più danni del confitto stesso.
Sul piano bellico Mosca ha la forza del suo arsenale, ma non la ragione della storia, gli ucraini hanno la ragione della protesta, ma non la capacità di risposta. E non tanto nel breve, come stanno dimostrando, quanto nel lungo periodo. E non si può non partire da qui. Non a caso, secondo il premier, è “fondamentale che l’Ue sia compatta nel mantenere spazi di dialogo con Pechino” affinché la Cina “si astenga da un supporto a Mosca e sostenga lo sforzo di pace”. Dunque Pechino entra nella partita in modo forte e chiaro. E il richiamo di Draghi è fondamentale per decifrare gli equilibri in campo. “Dobbiamo ribadire la nostra aspettativa che Pechino si astenga da azioni di supporto a Mosca e partecipi previsti e con autorevolezza allo sforzo di pace. Questo messaggio è emerso anche durante il lungo confronto telefonico tra il Presidente Biden e il Presidente Xi Jinping il 18 marzo e negli sforzi diplomatici che lo hanno preceduto”. Il Paese della grande muraglia, non è, e non può essere, uno spettatore passivo dell’intera vicenda ucraina, in attesa di scegliere la mossa più conveniente. Lo schierarsi da una parte o dall’altra rischia di mutare gli equilibri internazionali, soprattutto dal punto di vista economico, rischiando di mettere alle corde l’Europa, debole come un cristallo in mezzo ad una pressa. La traduzione è semplice: No allo scontro tra Occidente e Russia. Ma soprattutto non dobbiamo avallare uno “scontro di civiltà”. “Ci sono cittadini russi che protestano”, dice Draghi, “contro la guerra e a loro va la mia solidarietà”, sottolinea il presidente del Consiglio, che sui russi dissidenti, rispetto alla linea di Putin, incassa un lungo applauso dell’Aula. Un modo per aprire gli occhi su ciò che non vogliamo vedere, o capire a volte. Come fanno certi alleati.
Non a caso il prossimo consiglio europeo si aprirà con l’incontro con il presidente Usa Biden, spiega Draghi , rimarcando l’impegno per il lavoro delle diplomazie. Anche nelle sedi dei “vertici Nato e G7 la comunità euroatlantica intende ribadire unità e determinazione nel sostegno all’Ucraina e in un impegno comune per la pace, la sicurezza e la democrazia”. Ed quello che dirà a Biden, probabilmente. Perché “la guerra in Ucraina ha messo in evidenza l’importanza di rafforzare la politica di sicurezza e difesa dell’Ue“, sottolinea il capo del governo, consapevole del fatto che il vero sconfitto, in questo momento, è l’Europa.
Putin, aggredendo l’Ucraina, ha messo a nudo un Re già debole, poco coperto su molti fronti. E Draghi lo sa meglio di tutti. “Il Consiglio Ue è chiamato ad approvare la Bussola Strategica che prevede l’istituzione di una forza di schieramento rapido fino a 5mila soldati e 200 esperti in missioni di politica di difesa e sicurezza comune”. Non tanto una questione militare, anche se quello il passaggio, quanto un tema di concertazione politica e di visione univoca. Che, ad oggi, non c’è. Per questo Draghi si rifà alle radici dell’Unione europea. “Io tengo a mente che i fondatori dell’Unione europea, fra cui De Gasperi, avevano come obiettivo la pace nel continente europeo, e proprio per questo abbiamo progettato la comunità europea di difesa e vogliamo creare una difesa europea. Proprio per questo vogliamo adeguarci all’obiettivo del 2%” del Pil, “che abbiamo promesso nella Nato”, sottolinea il premier.
“Le speranze in una forte ripresa si affievoliscono“, a fronte di questo “occorre una risposta Ue”, sia sul piano “economico”, sia su quello dell’energia”. Però un punto sconcerta tutti. “Dopo i picchi raggiunti due settimane fa, i prezzi del gas e dell’energia elettrica sono scesi nuovamente. Il prezzo spot del gas sul mercato europeo, questa è purtroppo una notizia vecchia, è dimezzato rispetto alle punte di circa 200€/MWh raggiunte l’8 marzo”, spiega Draghi, ma “la richiesta di effettuare i pagamenti in rubli invece che in dollari o in euro, ha portato di nuovo il prezzo del gas a salire di circa 15 euro”. E questo forse, rende tutto più complicato. Perché il punto è sempre quello: più o meno Europa. Ma mai senza, e stare in mezzo al guado, come lo siamo noi ora, costa caro, anzi carissimo.