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Le buone idee da trasformare in comunicazione

Non è vero che il bene non faccia notizia. Certo, come recita un antico proverbio, “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, ma ognuno di noi è assetato di prospettive incoraggianti. Se non fosse così non si spiegherebbe il costante aumento di persone che in modo gratuito e disinteressato dedicano parte del loro tempo agli altri attraverso il terzo settore e l’associazionismo. Il Vangelo è etimologicamente “buona notizia” e su tutte le piattaforme sono milioni nel mondo le persone che quotidianamente ascoltano meditazioni e cercano commenti alle Sacre Scritture. Tutti insieme possiamo superare, come insegna Francesco, un sistema comunicativo dove vale la logica che una buona notizia non fa presa e il dramma del dolore e il mistero del male vengono facilmente spettacolarizzati. Tante volte, davanti ai resoconti di guerre e catastrofi, siamo tentati di anestetizzare la coscienza o di scivolare nella disperazione, eppure, restiamo interiormente consapevoli di una potenzialità: quella di una comunicazione come mezzo di ricerca del vero, del bene e del bello.

“Le idee sono informazioni che prendono forma”, sostiene lo scrittore Jim Rohn. Ma quali sono le buone idee che meritano di essere comunicate? E’ tanto più giusto chiedercelo oggi in occasione della solennità di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli operatori della comunicazione. “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori”, raccomanda Jorge Mario Bergoglio secondo il quale “stranamente non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede”. Al tempo dei social è compito di tutti e di ciascuno “comunicare speranza e fiducia”, esorta il Papa. Lo sviluppo tecnologico garantisce un accesso immediato ai mezzi di comunicazione, moltiplicando le possibilità di condividere istantaneamente le notizie e di diffonderle in modo capillare. Si tratta di una opportunità da cogliere nella sua evoluzione positiva e non di un rischio da cui mettersi al riparo. L’evangelizzazione ha sempre lo stesso cuore o, meglio, lo stesso obiettivo. A cambiare nel tempo sono il percorso e gli strumenti.

Ora si fa comunemente ricorso ai social network per condividere riflessioni e sentimenti ma la differenza la fanno sempre i contenuti. Conta ciò che intenzionalmente si comunica, non come praticamente lo si fa. Il punto d’arrivo, infatti, è sempre l’esperienza di un incontro personale in grado di trasformare le relazioni con gli altri, con la società, con l’ambiente. È la stessa meta, per esempio, a cui puntano gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola o il ministero della carità dell’infaticabile apostolo degli ultimi, don Oreste Benzi. Informare, quindi, può diventare un percorso di autentico arricchimento interiore, non per abbandonare il mondo o per isolarsi dal prossimo, ma per scoprire le potenzialità e le risorse che si celano nella profondità di ciò che si vive e condivide ogni giorno. Nell’enciclica Laudato si’ Francesco sottolinea che l’universo si sviluppa in Dio che lo riempie tutto; quindi, c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero. Le notizie possono essere belle o brutte, vere o false. Il Papa richiama al discernimento e alla fraternità, includendo l’esigenza di comunicare in maniera coinvolgente e sincera anche attraverso omelie brevi, efficaci, che usano le parole della vita e del popolo. I sacerdoti devono essere capaci di esprimere la ricchezza del Vangelo anche nelle poche centinaia di caratteri dei messaggi social cogliendo lo stile e il lessico dell’uomo odierno.

L’intero magistero pontificio è una costante sollecitazione a cambiare il modo di comunicare, a diffondere parole di speranza, ad essere attenti ai poveri e a chi non ha voce e a curare sempre la formazione, leggendo i problemi della gente con la prospettiva antropologica cristiana. E percorrendo le reti sociali come “pellegrini di speranza” secondo il mandato giubilare. Solo così si può spezzare il circolo vizioso dell’angoscia e arginare la spirale della paura, frutto dell’abitudine a fissare l’attenzione sulle “cattive notizie” (guerre, terrorismo, scandali e ogni tipo di fallimento nelle vicende umane). “Non si tratta di promuovere una disinformazione che ignori il dramma della sofferenza, né di scadere in un ottimismo ingenuo che non si lascia toccare dallo scandalo del male – afferma il Pontefice -. Va piuttosto oltrepassato il sentimento di malumore e di rassegnazione che spesso ci afferra, gettandoci nell’apatia, ingenerando paure o l’impressione che al male non si possa porre limite”.

Attraverso anche i suoi racconti autobiografici, la presenza sui social o le interviste schiette e dirette, il Papa stesso offre un genuino contributo alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo, non disposto a concedere al male un ruolo da protagonista, ma in grado di mettere in luce le possibili soluzioni, ispirando un approccio propositivo e responsabile nelle persone a cui si comunica la notizia. “Vorrei invitare tutti a offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo narrazioni contrassegnate dalla logica della buona notizia – raccomanda il Pontefice-. La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma una storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa capace di selezionare e raccogliere i dati più importanti”. La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli “occhiali” con cui si sceglie di guardarla. Cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa”. Quindi no al chiacchiericcio, alla malevolenza, all’uso delle parole scagliate contro gli altri per ferire e infangare.  “Il maligno dice male dé buoni; lo stolto or dé buoni, or dé malvagi; il saggio di nessuno mai”, scolpisce il genio poetico di Giacomo Leopardi.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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