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La buona scuola e i cattivi maestri

In un Paese dove le amicizie contano più del merito, dove le raccomandazioni hanno preso il posto della preparazione, l’operazione sulla “buona scuola” che vuole fare il governo è rivoluzionaria.
Tutti (o quasi, Cgil e Cobas non tanto in verità) si sono entusiasmati per i programmi riguardanti le centomila nuove assunzioni nel triennio 2015-2018, l’aggancio dello stipendio degli insegnanti alla carriera o al merito, la riduzione del precariato, l’aumento dell’orario di insegnamento, una maggiore autonomia, la modernizzazione di programmi e competenze, una maggiore alternanza scuola-lavoro per gli istituti professionali e una rivisitazione dell’esame di maturità. Punti che se verranno realizzati saranno certamente una svolta per il sistema nazionale.

Ma ce ne è un altro che risulta oggi particolarmente cruciale, che però fa meno notizia e dunque si fa fatica a trovare sugli articoli di giornale: i docenti dovranno seguire una formazione continua obbligatoria, incentrata soprattutto su temi di pedagogia. Perché se è vero che l’aspetto curriculare è fondamentale, lo è ancor più quello relazionale. Ci sono troppi maestri e maestre che, perso l’entusiasmo per il proprio mestiere, si trascinano nella professione pensando che debbano essere gli alunni ad adeguarsi al proprio carattere e non viceversa. E accade purtroppo dalle elementari fino all’università. E’ ormai merce rara – certamente anche a causa del basso livello di attenzione che lo Stato ha messo negli anni sul settore della formazione – interpretare l’insegnamento come una missione. Ma insegnare, soprattutto nelle fasce di età più piccole, vuol dire soprattutto educare.

L’apprendimento infatti è qualcosa di naturale e fa parte della vita di tutti i giorni, neppure ci accorgiamo di imparare. Ma l’apprendimento ha una componente emotiva essenziale, implicita alla natura della motivazione, che è sentita dall’organismo sino al livello limbico, che è l’area più profonda del cervello. L’emotività opera non solo a livello di gratificazione e frustrazione ma ha a che fare direttamente con la personalità. Ecco perché se un cattivo maestro può provocare dei danni sull’apprendimento un maestro o una maestra violenti possono provocare guasti irreparabili persino sull”io” del bambino. E ormai troppo spesso sentiamo casi di cronaca che ci raccontano di botte, graffi, punizioni, frasi del tipo “Adesso ti faccio male”, come accaduto di recente in Campania.

C’è bisogno di una pulizia approfondita su tutto il corpo docente, in difesa dei tanti maestri e maestre onesti che ancora mettono passione nel proprio lavoro. Bene dunque tornare a insegnare pedagogia, ma ancor più bisognerà fare controlli sullo stato (mentale) dei docenti ai quali affidiamo le generazioni future. E quando si trovano soggetti violenti le punizioni devono essere esemplari. Non dico in galera e buttare la chiave, ma strappargli dalle mani quella per entrare in classe è il minimo.

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