È naufragato nell’imbarazzo generale il tentativo “politically correct” della commissaria europea alla uguaglianza Helena Dalli, di imporre direttive ai funzionari della Unione Europea comunicazioni prive di elementi che potessero offendere attraverso l’uso di termini neutri. Ma gira e rigira, ecco che l’On. Dalli nelle raccomandazioni, neanche tanto subdolamente, pone l’esigenza di non citare il Natale nelle missive da inviare e da sostituire con un’indistinta definizione di festa. Poi chiede di non citare nomi propri come Maria e Giovanni negli esempi, sostituendoli con nomi non cristiani, ed altre corbellerie simili.
La gaffe è stata così clamorosa che ha scomodato la stessa Ursula Von der Leyen, che infastidita dall’incendio provocato dalle polemiche ha dovuto immediatamente stoppare la direttiva. Questo fatto, in verità, è stato visto da moltissimi europei come il tentativo maldestro a cui spesso si ricorre per imporre culture lontane da quelle popolari, con la motivazione del rispetto dovuto ad altre culture. In verità queste giustificazioni che vengono date anche in Italia con episodi similari, appartengono ad élite culturalmente minoritarie che attraverso poteri vari, intendono imporre fraudolentemente la loro opinione ai cittadini.
Una vicenda dunque, che sostanzialmente si collega a tante altre di carattere subliminali ed esplicite come quella che commentiamo. La deputata commissaria Dalli, aldilà della sua manifesta avventatezza, non credo sia del tutto sprovveduta, ponendosi contro le culture più intime che fondano l’Europa: la concezione liberal democratica che regge il patto originario degli Stati che reggono le istituzioni europee, quella identitaria e religiosa cristiana che riguarda grandemente popolo europeo. D’altronde l’appartenenza della commissaria Dalli ad una comunità come quella maltese di sentimenti cristiani profondissimi, in spregio ad ogni buon senso e di responsabilità istituzionale, non ha esitato a proporre il suo “vademecum”.
Dietro queste manifestazioni di intolleranza, annunciate dalla esigenza di rispettare le altre culture e sensibilità, si nascondono minoranze di interessi e culture che attraverso il potere delle istituzioni, del denaro, dei media, e strumenti di diffusione della cultura, vogliono imporre il loro pensiero resuscitando nei fatti lo “Stato etico” come decisore, arbitro e giudice assoluto del bene e del male, come fonte dell’etica per il singolo e per la comunità, come unico creatore del bene comune.
Sappiamo bene che questa concezione filosofica hegeliana ed hobbesiana, sia già stata travisata ed utilizzata a piene mani dai teorici delle sciagurate dittature nere e rosse del novecento che l’hanno messa in pratica con conseguenze gravissime. Questa filosofia politica si contrappone alla moderna Democrazia liberale che non delega allo Stato ed al corpo politico tutti i diritti dei cittadini se non la giustizia. In definitiva la teoria dello Stato etico affidava alle istituzioni il compito di “educare” i cittadini, attraverso i suoi poteri, oggi nell’era contemporanea e globalizzata, le nuove strutture di potere economiche globalizzate agiscono con i loro pervasivi mezzi della cultura e della informazione per forzare la storia per imporre la distruzione delle strutture di ogni fede religiosa, di ogni realtà organizzata, di ogni potere che non risponda al disegno di modellare il mondo secondo la loro visione.